da Tancrediprato » 14 nov 2020, 21:52
Salve a tutti,
Vado un po’ ot, ma questo 3d mi ha fatto venir su qualche considerazione, che mi pregio di condividere.
Mi sembra che sia venuto fuori che nell’usare la moto c’e’ una commistione di razionalita’ ed emotivita’, che si trova d’altronde in molte attivita’ umane. Queste due anime albergano entro di noi ed entrambe lottano incessantemente per il sopravvento. L’io del motociclista opera quindi ogni volta una sintesi tra due istanze trovando un compromesso che è consono alla sua personalita’ ma anche alle variabili psicologiche del momento. Ogni volta quindi l’ago si posiziona in maniera leggermente diversa nel quadrante che vede da una parte un uso totalmente controllato dal ragionamento mentre dall’altro un uso volitivo, ammiccante a tematiche legate alla fantasia, all’emozione, alle aspirazioni personali, al piacere fisico e psicologico, ecc ecc.
Un uso totalmente controllato dalle logiche della razionalità non ci procurebbe piacere, se non forse quelli legati all’adempimenti del dovere, alla tedesca diciamo cosi’. Ma un uso del tutto privo di queste sarebbe fatale a breve giro.
Se le istanze emotive sono molto variabili, soggettive e forse anche piu facili da percepire poiche rappresentano la spinta edonistica sul quale il gioco motivazionale si fonda, quelle razionali – consce e non – si nascondono di piu’ e cerco qui di darne una breve rappresentazione. Non certo esaustiva, ma e’ quella che mi e’ venuta in mente.
Mi sembra di poter dire che la parte razionale, nella guida della moto, si divida in due settori =
Da una parte c’e’ il riconoscimento e l’accettazione di una serie di norme e regole che danno dell’andare un moto una collocazione precisa entro tutti gli altri dinamismi della societa’. Queste regole, nel loro insieme, materializzano e si fanno espressione di un fatto concreto : l’esistenza degli altri e del mondo esterno. Quando accettiamo e facciamo nostra una norma di comportamento, introiettiamo un’istanza proveniente dal di fuori di noi ed in particolar modo da altri esseri umani, con i quali ci interfacciamo anche se non fisicamente. Il loro peso e’ presente in noi stessi, nel momento in cui tramite il ragionamento facciamo nostro un codice di comportamento. Ovvio che tutto questo puo’ andare in contrasto con la parte emotiva la quale vorrebbe un proprio campo di azione aperto e non limitato da pastoie esterne. Ma come detto, l’io media e trova il giusto compromesso.
La seconda parte razionale mi sembra di poterla intravedere nel nostro esclusivo rapporto con la guida in se.
I desideri e le aspirazioni si scontrano incessantemente non solo con regole, usi e costumi provenienti dal mondo esterno nel quali siamo posti, ma pure con la nostra capacita’ di guida e di reazione agli imprevisti. Solo prendendo in considerazione anche questi limiti, di natura endogena quindi, possiamo guidare con “sicurezza” e non fracassarci dopo pochi minuti.
Mi si potrebbe obbiettare che seguendo pedissequamente tutte le regole poste dall’esterno viene a mancare la necessita’ di incrociarle, diciamo cosi, con le limitazioni poste da noi stessi.
Ma non e’ cosi : le regole esterne ci danno solo un quadro di massima, molto generale e stilizzato, ma non possono entrare nelle infinite sfumature pertinenti le variabili di una guida che – pur essendo ligia tutti i “comandamenti” esogeni puo’ essere molto pericolosa se avulsa da una corretta percezione di noi stessi. Io personalmente son caduto a 30 km orari e mi sono rotto due costole, pur rispettando ogni limite di velocita’ e regola di guida.
Riassumendo sembrerebbero esserci sempre varie entita’ tutte all’opera incessantemente nel momento in cui diamo gas, freniamo o ci pieghiamo che contribuiscono a delineare il nostro approccio ed il nostro stile. Sono spinte mobili e variabili, come lo siamo noi, e tutte convogliano continuamento al centro di controllo che riceve, elabora e gestisce.
Arrivato alla fine mi viene il dubbio che pure le spinte razionali che qua ho solo brevemente accennato, non lo siano veramente razionali, nel profondo. Ma solo apparentemente ad un livello illusorio , dovuto ad un processo di “razionalizzazione” successiva di qualcosa che non lo e’.
Forse, pure l’accettazione di un limite di velocita’ posto a 90 km\h sulla via, o di un divieto di sorpasso o di superamento di una linea continua, non si pone come risultato di un processo razionale stile algoritmico sul raffronto dei pro e contro di una scelta, (che supporrebbe una capacita di calcolo non indifferente con equazioni differenziali non lineari) ma e’ alla fin fine determinata da sfuggenti dinamiche endogene anch’esse di carattere emotivo-psicologico.
Forse ogni nostra scelta, di qualsiasi tipo, sfugge alle logiche astratte della ragione, ma emerge dai neri abissi dei nostri insondabili penetrali, in una maniera oscura e poco controllabile.
Forse non e’ il sonno della ragione a generare mostri (Goya), ma sueño va inteso con sogno (nella lingua castigliana ha un duplice significato). Ed e’ quindi sognando e idealizzando la ragione e ponendo questa e solo questa come determinante delle nostre scelte etiche-morali, che si creano i mostri.
Bene sono decisamente ot e chiedo scusa. Non so se tutto questo puo’ essere interessante o servire a qualcosa, ma tante’. Sicuro non dovrebbe far male leggerlo.
Ciao