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Intervista. Franco Picco: “Ecco il video del mio incidente a

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jenk
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Intervista. Franco Picco: “Ecco il video del mio incidente a

Messaggioda jenk » 4 feb 2012, 18:20

Intervista. Franco Picco: “Ecco il video del mio incidente alla Dakar!”

Il campione veneto ci mostra in esclusiva i video che documentano la sua caduta durante la terza tappa. Franco però non cede e, con due ossa rotte, termina la Dakar al terzo posto nella Marathon


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Il pilota veneto Franco Picco è stato uno dei grandi protagonisti della 33esima edizione del Rally Dakar (Argentina-Cile-Peru). Se Cyril Despres ha conquistato gli onori della cronaca con un fantastico poker di vittorie, il centauro italiano ha fatto sognare il pubblico grazie a un’impresa degna dei tempi epici della Dakar africana. Paragonabile a quella di Hubert Auriol del 1987, quando il francese concluse la gara con entrambe le caviglie rotte. A ventisette anni dalla sua prima partecipazione, Franco ha preso il via alla Dakar in sella alla Yamaha WR450F dotata del kit da lui realizzato e ha conquistato il 45esimo posto nella classifica finale e la 3a piazza nella classe Marathon, riservata alle moto derivate di serie.
Picco probabilmente avrebbe vinto la classe, se non si fosse seriamente infortunato nel corso della terza tappa. Caduto su una pietraia, si è rotto una costola e un dito del piede, ma non ha mollato. Ed è arrivato sino alla fine.

Il video esclusivo. Picco riparte con due ossa rotte
Franco è un personaggio umile, tanto che siamo venuti a conoscenza quasi per caso della sua impresa epica. Durante il Motor Bike Expo di Verona, il pilota italiano mi ha infatti mostrato sul suo PC il video della caduta ripresa dalla sua telecamera Midland posta sul casco. Un video inedito, che vi mostriamo in esclusiva e che documenta in modo davvero realistico la grande botta presa da Franco. Che, lo ricordiamo, ha 56 anni, ma questo per lui è solo un dettaglio.
Di seguito vi mostriamo un video da non perdere, una sintesi della gara di Franco Picco, con la terribile caduta del terzo giorno:



Lo spirito cavalleresco sopravvive nella Dakar di oggi
Chiacchierando con lui, è emerso un altro lato romantico della Dakar “vecchia maniera”. Vale a dire la cavalleria tra motociclisti, che ti spinge ad aiutare il rivale in difficoltà.
Picco ha infatti attraversato il guado maledetto che ha affogato la moto di Filippo Ciotti subito dopo quest’ultimo (vedi il video di Peterhansel che in auto tampona la moto di Ciotti, mandandola sott’acqua). Ma non ha proseguito la sua corsa, si è fermato e ha prestato il suo aiuto a un Ciotti in palese difficoltà. Franco è ripartito dopo diversi minuti (il tutto è documentato dal nostro video, un’altra esclusiva che ci ha regalato il simpatico campione veneto), solo quando la moto di Filippo Ciotti ha ripreso a funzionare.



Le Dakar di Franco Picco
Picco ha corso la Dakar 2012 anche nella veste di guida del Franco Picco Racing Team. Ha cioè guidato sei clienti italiani appassionati di off-road che hanno potuto fare affidamento sull’assistenza tecnica della sua squadra, appoggiata tra l’altro da Yamaha Motor Italia. Franco Picco ha terminato nel 2012 la sua 19esima Dakar (in precedenza ha corso 10 edizioni su due ruote, 6 in auto e 2 su camion assistenza).
Franco ha esordito nella Parigi-Dakar del 1985 quando conquistò un eccellente terzo posto assoluto finale in sella a una Yamaha TT 600. Il pilota veneto ha ottenuto anche due secondi posti assoluti alla Dakar sempre con la Yamaha Ténéré 750. Sue anche due vittorie al Rally dei Faraoni.

La nostra intervista
45esimo assoluto, davanti a tanti avversari motivati e allenati. Franco, ma la tua non doveva essere una passeggiata? Sei tornato a correre, ottenendo un risultato strepitoso!
«E’ una gara che, se vai piano, fai più fatica. Devi avere un bel passo e l’esperienza gioca a tuo favore. Ho fatto una caduta in cui mi sono fratturato un piede e le costole. Questo mi ha impedito di migliorare il risultato dello scorso anno. Mi sono dovuto accontentare del terzo posto nella Marathon, quando invece puntavo a vincere la categoria. Due anni fa avevo vinto infatti. Comunque è importante arrivare in fondo».

Che allenamento hai fatto a casa?
«Sono sempre sulla moto anche a casa grazie al mio lavoro. Faccio poi tanta bicicletta. Ma non ho più fatto un allenamento particolare come 20 anni fa, quando partivo per vincere. Partire tranquilli ti fa consumare meno energia».

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Franco Picco in gara

Raccontaci questa edizione, da molti descritta come durissima.
«Abbiamo attraversato tre nazioni e ogni paese ha voluto dimostrare di essere all’altezza con tappe durissime, non abbiamo mai avuto momenti in cui tirare un po’ il fiato in gara. È stata molto faticosa».

Che tipo di assistenza hai avuto in gara?
«Nella Marathon parti con la moto di serie, che viene punzonata. Il punto di domanda grosso è il motore: ogni giorno ho cambiato olio motore e filtro dell’aria, che nel mio kit è ben riparato. Quindi direi che è andato tutto bene e la WR-F 450 si è confermata una gran moto».

Il budget per la Dakar è impegnativo. Come hai coperto tutte le spese?
«E’ sempre questione di sponsor. La Dakar fa notizia e tra amici e conoscenti riesci a raccogliere i soldi per correre. La moto poi ti resta e la usi per altre gare. In totale 30.000 euro ci vogliono tra iscrizione e spese vive».

“La Dakar è diventata un enduro estremo di 14 giorni! Una volta si partiva piano e poi a metà corsa arrivavano le difficoltà. Quest’anno la gara è stata dura dal primo all’ultimo giorno”

Ti piace correre in Sud America? Cosa ti manca della vecchia Dakar?
«Le gare africane le ho fatte 20 anni fa e le ho seguite anche in auto. C’era molto più deserto, i posti erano da navigazione aperta. Oggi la gara è completamente diversa, nelle prime edizioni i percorsi erano monotoni e poco selettivi. Oggi si conoscono meglio i tracciati, è diventato un enduro estremo di 14 giorni! Una volta si partiva piano e poi a metà corsa arrivavano le difficoltà. Quest’anno la gara è stata dura dal primo all’ultimo giorno, con enduro anche estremo, e meno navigazione. In certe zone guardavi poco il road book e ti affidavi alle tracce in terra. Una volta c’era più navigazione, oggi più difficoltà tecnica».

Cambieresti il nome alla Dakar?
«No, oggi è mitica e va bene così. Le gare estreme durano mezza giornata (Erzberg, Hell’s gate eccetera), la Dakar sono 14 giorni di fatica e navigazione. Oggi in Sud America c’è tanto seguito, i paesi pagano pur di avere la gara e quindi ci sono dei vantaggi a correre in questi paesi, dove il pubblico è davvero numeroso».

Che effetto ti fa vedere i camper e tante comodità per gli ufficiali ai bivacchi?
«E’ vero, sono cambiate tante cose. Io sono ancora in tenda, per questioni di budget. Io corro anche per portare i miei clienti e per sperimentare il kit da rally che produco. Quindi cerco il lato economico migliore: il minimo indispensabile per avere assistenza. Non propongo il camper, le cifre andrebbero alle stelle. Ogni cosa in questa gara costa e tanto. Persino mandare un fax».

Il parere di un esperto come te su Coma e Despres: come riescono a fare il vuoto dietro di loro? Nessuno pare in grado di competere con questi campioni.
«Capirlo è difficile! Hanno un ritmo alto, alimentato dalla loro rivalità. Sono i più bravi a leggere e andare forte. Anche quando non vincono sono sempre tra i primi e vincono pure partendo per primi, senza seguire le tracce. È una dote incredibile, colpo d’occhio sulla strumentazione e via a gas aperto. Oggi sono 4 a 3 per Despres, forse Coma l’ha persa per avere cambiato un motore in più».

Non credi che sarebbe bello vedere in corsa moto di serie? Come i G/S, le XT e le Africa Twin di una volta. Moto meno esasperate e più robuste. Cosa ne pensi? Non crescerebbe ancora l'interesse delle Case e degli appassionati?
«Non sarebbero adatte per i terreni che ci fanno fare. Pensa che oggi i percorsi sarebbero inadatti anche alle agili 690. Il 450 è perfetto, leggero, agile da girare. C’è stato il 50% di ritiri quest’anno, e sono ancora pochi. Moto più pesanti non andrebbero da nessuna parte».

I tuoi coscritti passano alle auto e tu “giochi” ancora con le moto?
«Ho trovato le auto più affaticanti, dico sul serio. In moto sopperisci col fisico allenato, in auto no. Certe discese in moto le faccio con una certa paura, in auto o camion sarebbe ancora peggio, non le farei proprio».

Raccontaci un episodio.
«Partiamo dal presupposto che in gara io cerco di dare una mano agli altri, sperando che al momento del bisogno ti torni indietro. Ho aiutato Ciotti in un paio di occasioni. La sua moto perdeva qualche colpo di motore, gli ho fatto cenno di spegnere le luci e dopo lui mi ha ripassato a cannone. La batteria si stava scaricando e togliendo i fanali, la moto è ripartita subito. Sono i segreti del mestiere di uno come me, che ha fatto tante Dakar. Un altro episodio riguarda la mia caduta, su un sasso non visto. Mi sono rotto una costola sugli strumenti e il piede sulle pietre. Ma la moto non si è fatta nulla e sono potuto ripartire. Devo ringraziare anche la Gaerne, dato che lo stivale ha protetto davvero bene il piede!».

Conta di più la testa o il fisico?
«La testa è importante, oggi comincia a mancarmi un po’ il fisico. Bisogna tener duro e andare avanti. Mi sono riempito di antidolorifici per proseguire dopo l’incidente. È importante anche mangiare bene e tanto!».

Segui una dieta particolare?
«Tanta pastasciutta e poi moltissime barrette energetiche. Avevo fatto una bella scorta in Italia prima di partire, e mi sono servite tutte! Bere e mangiare in gare è importante».

Franco, di cosa ti occupi ora?
«Di viaggi e moto. Preparo le moto per affrontare i rally. E organizzo viaggi nel deserto. Do una mano ai miei clienti. Se uno vuole andare sul sicuro, gli offro tutto il mio supporto nei rally. A 45 anni avevo mollato, ma oggi a 56 anni i rally mi tengono vivo e sono felice di correre ancora».

L’anno prossimo tornerai a correre?
«Durante la gara dicevo basta, basta, basta. Ma la prossima sarà la mia 20esima Dakar, come faccio a dir di no? Devo trovare i classici aiutini e poi vedrò di esserci».

Grazie!
«Grazie a voi, alla prossima!».

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Re: Intervista. Franco Picco: “Ecco il video del mio inciden

Messaggioda karotènite » 5 feb 2012, 0:09

" è FANTASTICO! esistono persone speciali e, lui è uno di quelli.

:giorno: :giorno: :giorno:
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Re: Intervista. Franco Picco: “Ecco il video del mio inciden

Messaggioda Tomac » 5 feb 2012, 9:40

Veramente una grande persona..... :D
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Re: Intervista. Franco Picco: “Ecco il video del mio inciden

Messaggioda trivella » 5 feb 2012, 10:49

L'ho sempre ammirato per voglia di arrivare sempre alla fine, umilta', spirito di solidarietà e tutte quelle cose positive che si possono immaginare.... e qualcuno, vedi peterhansel cosa ha fatto in quel guado, dovrebbe imparare e prenderlo come esempio di vita nelle competizioni. La classe non è acqua.

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Re: Intervista. Franco Picco: “Ecco il video del mio inciden

Messaggioda ADV2011 » 5 feb 2012, 21:22

che bella intervista e che bella persona!!

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Re: Intervista. Franco Picco: “Ecco il video del mio inciden

Messaggioda waveman » 5 feb 2012, 21:53

che manico, piu duro del blocco di pietra...meno male che andava piano in quel momento, ha fatto un loop.
e neanche una parolaccia.
Grandissimo

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Re: Intervista. Franco Picco: “Ecco il video del mio inciden

Messaggioda evektor » 5 feb 2012, 22:03

Tanto di cappello.

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Re: Intervista. Franco Picco: “Ecco il video del mio inciden

Messaggioda mrhide » 6 feb 2012, 22:47

Non c'è dubbio che sia un grande! La sua storia è mitica, inizia dai campetti da cross poi le gare ed i grandi risultati infine il suo inizio ai rally e l'ingaggio dei jap per combattere le poderose Honda NXR. Lo ebbi come ospite d'onore in un evento del mio club, mi disse che un giorno ci fu un briefing con i progettisti orientali e si consigliarono con lui su che moto potevano fare per vincere la Dakar. Per il motore dopo aver valutato varie possibilità, scelsero la disposizione dei bicilindrico "fronte marcia" da cui derivarono poi tutte le Supertenerè.
Mi ricordo che in quell'occasione gli feci provare la mia Africa Twin e fu davvero sorpreso dalla ciclistica. Poi di fronte al modellino della NXR mi disse: era sempre davanti...non riuscivo mai a raggiungerla, lei era sempre davanti.
Se penso a quel momento...era il 2002 e non correva più con la moto, poi il suo rientro ed ora dopo 10 anni è ancora in sella. Se Fabrizio era un cinghiale lui è un vero leone del deserto!
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