Recentemente ho letto “la guerra dei mondi” di H.G. Wells. Ma non voglio parlare di questo, bensì di un particolare che ha pungolato la mia immaginazione partorendo una serie di pensieri che qui riporto.
Volutamente non sono andato a cercare qualche scritto tecnico e\o formale, qualche intelligente trattato, qualche dissertazione scrupolosa (sicuro ce ne sono a iosa), per non influenzare il mio pensiero e poterlo fissare cosi al naturale senza condizionamenti. Pensiero che non e’ quindi scientifico ma emotivo e vorrei avere qualche riscontro, altrettanto emotivo. Anche se sbagliati entrambi, mi interessa la genuinita’ perche in essa ci sono i pensieri che assomigliano a noi.
Detto questo, eccomi al dunque.
Per vari giorni, il protagonista e’ bloccato all’interno di una casa crollata nelle quale si puo’ muovere in un paio di stanze. E’ bloccato perche di fronte c’e’ un accampamento di marziani che lo ammazzerebbero subito se venisse scorto.
Durante questi giorni si trova nella privilegiata posizione di poter spiare a pochi passi i marziani, da una fenditura, senza essere visto. Nessun altro lo potra’ fare.
I marziani sono assai piu progrediti di noi, una cultura avanti di migliaia (o milioni?) di anni che ha sviluppato tecniche inimmaginabili. Ma questo non mi turba ed e’ un leitmotiv.
Poi pero’ arriva una sferzata nei miei lobi prefrotali, cosi che miliardi di connessioni iniziano ad accendersi e a lampeggiare furiosamente :
I marziani in se sono goffi, brutti, si muovono con affanno, hanno il corpo pressoche inesistente perchè atrofizzato. In pratica sono una grande testa (1,5m) con un immenso cervello dentro e qualche protuberanza a mò di mano. Del tutto inadatti ad un qualsiasi movimento e incapaci di porre in atto una qualsiasi opera e o lavoro.
All’opposto le macchine da loro create sono meravigliose! Anzi di piu’, sono quasi umane! Le piccole (poco piu di un uomo) si muovono su due “zampe”, agili veloci e sicure, alzando pesi , assemblando altre macchine, e forgiando alluminio, facendo molte altre cose. Il tutto con incredible naturalezza e velocita’, e in quasi autonomia dei marziani, esseri viventi. Pure le strutture per il movimento delle macchine somigliano a fibre organiche muscolari azionate da correnti elettriche, che rivestono le articolazioni. E le macchine gigantesche da guerra alte 30 m, muovendosi su tre piedi, sono molto piu antropomorfe dei marziani.
Detto in poche parole, ma dense, le macchine – prodotte dai marziani - assomigliano e molto agli esseri umani – agili, eleganti, aggraziate, decise- mentre gli essere viventi – i marziani stessi – sono all’opposto essere inetti, goffi, ripugnanti e deformi, inadatti a qualsiasi azione.
Questo mi ha insieme sorpreso e turbato, in quanto i marziani – e’ logico - potremmo essere noi tra due mila o due milioni di anni. Che significa ?
Forse Wells ha intuito qualcosa che ne un moderno scienziato, un filosofo, ne un pensatore hanno visto e analizzato con cura? Ha visto non con la mente ma con la pancia una tendenza, un movimento, una direzione che era’ gia in atto ai suoi tempi e che e’ tuttora in azione ma nascosta agli occhi della ragione?
E cosa e’ questa cosa?
Questa e’ il mio, (sicuramente fallace, contributo) :
Per prima cosa, a scanso di equivoci, per macchina intendo qualsiasi dispositivo creato dall’uomo, includendo computer e quanto altro.
Puo’ essere – a titolo di ipotesi - che in noi alberghi una forza costante non cosciente che ci spinge ad un uso eccessivo di “macchine”, a dispetto del dispiego di capacita’ che invece avremmo. Puo’ essere – sempre a titolo di ipotesi – che questo sia dovuto in fase evolutiva dove il rapporto con la natura e la competizione con le altre specie sia fin dall’inizio mediata da “utensili” e simili e mai esclusivamente diretta con zanne e artigli che non disponevamo. Posto nella savana, l’uomo ha usato quello che aveva – un cervello simbolico – e ha vinto la battaglia usando questo per la creazione di un sistema (sia tecnologico che sociale) che media il ns. rapporto con il mondo. In altre parole, piu’ che irrobustendo la gambe per scappare o le braccia per colpire o allungando i denti per mordere, l’evoluzione ha favorito la tendenza a usare mezzi esterni e artificiali per i nostri scopi unita al medium sociale dove eravamo inseriti.
Questo, forse, e’ il motivo che ci sentiamo appagati nell’usare per esempio un utensile – specie se elettrico e quindi dotato di forza propria – al posto delle mani che sarebbero piu’ che adatte e bastanti.
In linea generale, prediligiamo sempre e comunque una modalita’ di approccio con il mondo mediata dalle nostre creazioni piuttosto che diretta, facente affidamento direttamente sulle ns. forze.
Forse, nell’utensile sono come engrammate , incorporate le forze culturali di tutta la societa’ umana che lo ha inventato prodotto e l’uso di questi ci fa oltrepassare il confine privato tragettandoci in quello sociale per il quale siamo naturalmente portati. La tecnologia e la civilta’ e’ li, al suo interno, e noi possedendolo e usandolo non siamo soli. Non e’ appagante?
Al di la di queste ipotesi, che magari trovano il tempo che trovano, mi sembra pero’ assodato che e’ in atto una certa trasmigrazione delle nostre potenzialita’ entro macchine e accessori che ne amplificano a dismisura la forza, la portata, la condivisione. Queste nostre enormi potenzialita’ vengono estroflesse, immagazzinate e portate a livelli mostruosamente superiore nei disposistivi che inventiamo e che usiamo ogni giorno. Dispositivi che accrescono a velocita’ impressionante le loro funzioni con continue migliorie in una costante evoluzione di tipo Lamarkiano dove i caratteri acquisiti vengono trasmessi, tramite la cultura, alla generazione successiva che a sua volta apportera’ miglioramenti che verranno poi tramandati.
Velocita’ a parte, la cosa che a me sembra evidente e’ questa :
in questa estrusione e infusione delle nostre capacita entro mezzi esterni (da un telefono, ad un auto, al computer) unita allo smodato bisogno di utilizzo di questi mezzi esterni a discapito di quelli interni, vi e’ insito un lento ma progressivo deteriorarsi per atrofia di questi ultimi. Cosi, nel delocalizzare efficacemente funzioni verso macchine che sono in grado di compierle anche molto meglio di noi, ne perdiamo progressivamente la proprieta’ e la capacita’ d’uso. Ed il nostro cervello dimentica funzioni che conoscevamo perchè non vengono utilizzate.
E quindi se vi chiedete dove stanno andando le macchine la risposta e’ : verso una somiglianza all’uomo (che fu). O meglio, verso la ns. proiezione di come l’uomo dovrebbe essere.
E se vi chiedete dove stiamo andando noi, la risposta e’ penosa. Penso verso una somiglianza ai marziani, tutti testa e cervello, quasi privi di corpo o con un corpo inutile, del tutto dipendenti dalle macchine che hanno costruito e dai quali hanno assorbito forza e capacita’ vitale.
Penso che a questa tendenza non ci sia ne fine ne rimedio e nel momento in cui le rette parallele si incontreranno e saremmo capaci di fornire alle macchine emozioni, pensieri e coscienza, avremmo perso il nostro status e saremmo spazzati via dal nostro clone meccanico.
Ma c’e’ tempo, prima dovremmo passare dalla fase “marziana”.
Saluti Tancredi