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Autosprint: I migliori piloti della storia

MessaggioInviato: 20 gen 2010, 17:35
da alfus2verdi
: I migliori piloti auto di sempre: dal 100° al 51°
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I migliori piloti di sempre: dal 50° al 40°

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PUÒ STUPIRE il suo inserimento tra i primi 50 di sempre ma il pilota senese è stato l’italiano più promettente degli Anni ’80, uno che, arrivato casualmente nell’automobilismo, ha saputo bruciare le tappe senza possedere alcuna cognizione tecnica. Ma aveva una sensibilità non comune e in breve è diventato uno dei migliori al mondo, permettendosi il lusso di mettere dietro tanta gente, di duellare con Senna e Prost, di diventare punto di riferimento della Benetton prima di restare coinvolto in modo assurdo incidente in elicottero nel 1990 che di fatto gli ha impedito di proseguire la carriera ad alto livello. Talento naturale puro, dal 1986 al 1990 ha sempre fatto parlare di sé. Nell’ultima stagione veniva considerato primi cinque al mondo e di lui si parlava come di un predestinato a un posto in Ferrari. Ha proseguito la carriera per divertimento con l’Alfa Romep continuando a stupire nonostante la menomazione alla mano che ha privato la Formula 1 di un potenziale campione.
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È IL SECONDO rallista presente nella lista dei Top 50 e non è casuale. Rohrl è stato un grande della specialità ma anche un ottimo pilota di velocità. Non per niente è tuttora il consulente preferito della Porsche per la messa a punto dei suoi modelli più prestigiosi e potenti. La sua guida è un inno alla purezza: con Rohrl, sia che ci si trovi in circuito sia su uno sterrato, si va fortissimo senza che uno se ne accorga. Calmissimo, pragmatico, è stato il prototipo del pilota moderno per eccellenza. Peccato non abbia avuto esperienze con le monoposto, perché il suo approccio tecnico alle questioni delle corse è rimasto nell’immaginario di una generazione. Nei rally ha vinto tutto ciò che si poteva con la 131 Abarth e con l’Opel Ascona, ha fatto parte degli squadroni Lancia e Audi nei rally, in Imsa, al Pikes Peak, da lui vinto, e nel mondiale endurance. Molto professionale, si è spesso adeguato alla ragion di stato del proprio team, rinunciando a vittorie sicure per favorire i compagni di squadra.
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COMPAGNO in Tyrrell di Jackie Stewart, suo delfino, destinato a prenderne la successione. È morto nel 1973 nelle qualifiche del Gp Usa a Watkins Glen senza avere avuto modo di dimostrare interamente il proprio potenziale. Bello da far impazzire le ragazze, gentile, ha bruciato le tappe raggiungendo il team Tyrrell proprio su suggerimento di Jackie Stewart con cui aveva duellato in una gara di Formula 2 e per il desiderio dello sponsor Elf di avere un proprio protetto nel team. Da allora Cevert è stato un degno compagno del tre volte campione del mondo, affidabile, velocissimo. L’incidente americano ha spezzato la carriera di un pilota che stava studiando da campione del mondo. Cevert non si limitava alle corse in monoposto: aveva un buon feeling con le ruote coperte e faceva parte dello squadrone Matra. Beffa ha voluto che incontrasse la morte mentre duellava con Ronnie Peterson per ottenere la pole sullo stesso circuito che nel 1971 gli aveva regalato la gioia della prima vittoria.
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LA SUA POSIZIONE non deve stupire: Patrese, assieme a De Angelis e Alboreto, è stato il miglior pilota italiano della sua generazione. Dovendo scegliere, abbiamo optato per lui in virtù della lunghissima militanza in F.1, per la collaborazione con squadre britanniche come la Williams nelle quali era difficile sopravvivere se non si possedeva uno spiccato senso della professione. Patrese ha vinto in carriera meno di quanto avrebbe meritato. Nelle sue giornate migliori poteva mettersi dietro chiunque e Mansell ne sa qualcosa. Grandissimo collaudatore, uomo squadra capace di sacrifi carsi a favore dei compagni, ha forse brucaito la grande occasione della carriera nel 1983, quando dopo avere dominato in lungo e in largo il Gp San Marino con la Brabham-Bmw fi nì diritto alle Acque Minerali, perdendo l’occasione di cambiare le gerarchie in squadra a proprio favore. Ma quello che ha fatto negli anni lo pone di diritto tra i primi cinquanta di sempre.
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SIMPATICO, sbarazzino, ha avuto una bellissima carriera in monoposto pur senza essersi aggiudicato il campionato. Laffi te fa parte di quella generazione di piloti francesi uscita dal sistema della fi liera ed esplosa dapprima nell’europeo di Formula 2. Passerà alla storia per avere regalato alla propria nazione il primo successo interamente francese, pilota, vettura, motore della storia in un Gran Premio, Svezia 1977 con la Ligier-Matra. La sua carriera lo ha visto primeggiare in sei occasioni sempre alla guida della monoposto transalpina. Ha vinto parecchio anche con l’Alfa Romeo nel mondiale marche 1975 dimostrando un eclettismo non indifferente. Rispetto ai suoi colleghi della stessa generazione, ad esempio Depailler, era dotato forse di minor propensione al rischio ma di maggiore saggezza nel condurre le corse. Quando era in giornata Laffi te appariva battibile da pochi e anche grazie alla sua disponibilità si è guadagnato sul campo la stima di molti colleghi.
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HA VINTO IL MONDIALE nel 1961 ma non è mai stato un grande pilota di F.1. La sua carriera gli ha dato maggiori soddisfazioni con le vetture Sport fi n dall’inizio. Pilota lineare nella condotta, regolare, ha saputo sempre approfi ttare delle circostanze favorevoli per aggiudicarsi la vittoria. Entrò nell’orbita Ferrari grazie a un ottimo 6° posto conquistato al volante di una vettura di Maranello privata alla Carrera Panamericana del 1952. Dal 1956 divenne una presenza fi ssa nelle squadre Ferrari Sport con qualche utilizzo anche nel mondiale di Formula 1. Due terzi posti a Monza e a Casablanca nel 1959, convinsero la squadra a utilizzarlo più spesso con le monoposto. Dopo una vittoria a Monza nel 1960, Phil Hill si aggiudicò due corse nel 1961, vincendo il titolo nel giorno in cui avvenne il tragico incidente di von Trips a Monza, uno dei più gravi della storia con 15 spettatori rimasti uccisi. Hill ha anche mostrato le proprie doti con le Sport, dove è stato uno degli artefi ci dei successi della Ford GT40.
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PILOTA PROFESSIONISTA in tutto e per tutto, stabilmente abbonato alle prime fi le e ai posti che contano nelle graduatorie dell’automobilismo degli Anni ‘50, vice campione del mondo nel 1959 dietro a Jack Brabham, terzo nel 1958 con la Vanwall. Un ottimo pilota che con l’avvento degli Anni ’60 non è più riuscito a mettersi in luce anche perché relegato a guidare monoposto di squadre poco competitive. Brooks era molto veloce e soprattutto redditizio: difficilmente sbagliava. Lo dimostrano i suoi numerosi successi nel settore delle ruote coperte al volante dell’Aston Martin. Con la Ferrari, nel 1959, ha vissuto la sua stagione migliore, contendendo il titolo a Brabham fi no all’ultima corsa. Il suo rivale e amico Stirling Moss lo considera da sempre assieme a Clark come il pilota più forte mai incontrato: «È stato il più forte sconosciuto al mondo. Dico sconosciuto perché umile e modesto ma in fatto di pilotaggio era un grande». E se garantisce Moss...
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IL SUO DESTINO è legato a quello dell’amico Mike Hawthorn e alla tragica stagione 1958. Tra tutti i giovani piloti della Ferrari, Collins era quello che più di ogni altro aveva sfi orato il titolo mondiale. Nel 1956, neo assunto in Ferrari, mentre ormai poteva gustare l’impresa accettò di cedere la propria vettura a Fangio al Gp d’Italia perdendo un campionato che stava vincendo. Ma Collins non è stato solo un grande signore. Dopo le prime esperienze, conquistò con la Mercedes la Targa Florio del 1955 in coppia con Moss. Poi seguirono gli anni al cavallino con la morte al Gp di Germania 1958, quando con una manovra azzardata superò Brooks in un punto impossibile fi nendo contro un albero. Pilota dal grande stile, capace di essere effi cace anche con le ruote coperte, era il bello dell’epoca e certamente il suo errore tedesco ha privato la storia dell’automobilismo di un grande personaggio la cui passione e signorilità sono rimaste nella storia.
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FRATELLO DI RICARDO, una delle meteore più veloci della storia, unito a lui nel drammatico destino ha vinto in F.1 e con le ruote coperte. Pilota completo, ha trovato spesso nelle monoposto pilotate il limite della competitività. Eppure ha tagliato per primo il traguardo due volte, portando alla vittoria la non certo esaltante Cooper-Maserati al Gp Sudafrica 1967, e la Brm in quello del Belgio del 1970. Con le vetture Sport è riuscito a esprimersi al massimo, trionfando a Le Mans, due volte a Daytona, a Monza. Ha guidato di tutto. Dalla Ferrari alla Matra, dalla Porsche alla Cooper fi no alla Brm, prendendo parte anche alla Can Am e alla Nascar. Dotato di uno stile aggressivo, rispettato dai propri colleghi, questo grande signore delle corse è morto al Norisring, in una corsa Interserie, al volante di una Ferrari 512M dell amico Herbert Muller nel 1971. Era uno specialista di Spa, dove rivaleggiava a staccare più tardi con Joseph Siffert per afffrontare l’Eau Rouge.
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UNO DEI PILOTI più veloci degli Anni ’70, focoso, grintoso, combattivo, effi cace, bravo con le monoposto e con le Sport, molto più forte di quanto dicano le statistiche. Regazzoni è stato il primo e unico ad avere portato al titolo europeo di Formula 2 la Tecno; al quinto Gran Premio della carriera, Monza 1970, ha conquistato la vittoria al volante della Ferrari 312B. Ha sfi orato il titolo nel 1974, perdendolo all’ultima corsa. È stato un fortissimo sparring partner di Lauda ed ha portato per la prima volta nella storia una Williams a vincere un Gran Premio, nel 1979 a Silverstone. Un assurdo incidente al Gp Usa West a Long Beach con l’Ensign ha interrotto la sua carriera. Ma pur immobilizzato agli arti inferiori, Clay ha continuato a gareggiare in fuoristrada e a restare nell’ambiente prima di una morte assurda per un incidente stradale nel dicembre 2007. Lottatore nato, simpatico, generoso, sincero nelle reazioni, Regazzoni resta uno dei personaggi più importanti dell’automobilismo moderno.
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GIUDICARE UN PILOTA in attività e inserirlo in una classifi ca d’ogni tempo è molto diffi cile. Button ci entra in virtù del mondiale vinto nel 2009, non certo per le prestazioni del passato. Ma è anche vero che se si esclude la Williams del 2000, anno in cui debuttò stupendo molti, non ha mai disposto di una vettura realmente competitiva, da primo posto. Che guidi molto bene è assodato e non ci piove. Che sia dotato di un ottimo acume tattico anche. Prima del 2009 c’erano dubbi sulla sua determinazione e sulla sua volontà di arrivare. Ma li ha fugati splendidamente dominando la prima parte della serie iridata. L’arrivo in McLaren, a fi anco di Hamilton, potrà fornire l’esatta indicazione sul valore assoluto di questo ragazzo, ex stella della Formula 3 britannica, che potrebbe stupire molta gente un’altra volta ancora. Noi facciamo il tifo per lui non solo perché è simpatico ma perché siamo convinti che possieda un potenziale superiore a quello mostrato fino ad oggi.

I migliori piloti auto di sempre: dal 39° al 30°
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IL PRIMO CAMPIONE del mondo della storia, figlio e nipote dei fondatori della carrozzeria “Pinin” Farina, vincitore con l’Alfa Romeo della stagione 1950. In realtà Farina proveniva dal vecchio automobilismo anteguerra, tanto che Enzo Ferrari lo aveva inserito nel team uffi ciale della Casa del Biscione nel lontano 1937. La sua carriera è stata importante ma costellata da gravissimi incidenti. In Argentina nel 1953 provocò la morte di dieci persone per evitare un bimbo che stava attraversando il circuito. Nel 1955 rimase ustionato nelle prove del Gran Premio d’Italia. Pilota vero, autentico “cavaliere del rischio”, cercava sempre di andare oltre i propri limiti e per questo era uno dei campioni più amati e seguiti dell’epoca. Guidava con uno stile unico con le braccia distese e in questo è stato un precursore. È morto in un incidente stradale nel 1966 al volante di una Lotus Cortina.

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IL CAMPIONE DEL MONDO del 1982 ha dovuto svolgere una lunga gavetta alla guida di vetture poco competitive prima di affacciarsi ad alti livelli. Il papà di Nico Rosberg è stato un pilota molto talentuoso nelle categorie propedeutiche. Specialista di Formula Vau, di Formula Atlantic e Formula 2, tra i piloti più veloci con i telai Chevron nel mondiale si è poi costruito una solida fama nel momento in cui ha iniziato a mettere a parte l’esuberanza giovanile. Molto veloce sul bagnato, ha espresso le proprie doti una volta giunto alla Williams. Nel 1982 approfi ttò dell’incredibile serie di circostanze che eliminarono Villeneuve e Pironi per portare nelle casseforti del team inglese un campionato del mondo, nel quale Rosberg si presentò con un motore aspirato e non con il turbo. Velocissimo ma incostante, ha interrotto la carriera alla conclusione del 1986, dopo una stagione trascorsa all’ombra di Prost in McLaren.

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IL CAMPIONE DEL MONDO del 1996 ha sempre dimostrato una qualità: il suo stile era molto bello a vedersi, di estrema pulizia. Umile, gran lavoratore, si è formato come collaudatore alla Williams, sobbarcandosi buona parte del lavoro di evoluzione delle sospensioni attive. La sua profonda conoscenza degli aspetti tecnici, la buona armonia raggiunta con lo staff, sono state le chiavi che lo hanno portato a diventare spalla di Prost nel 1993 e di Senna nel 1994. Dopo la tragedia di Imola Hill è diventato la prima guida per meriti, battendo a più riprese i suoi compagni di squadra. Da quel momento ha disputato ottime stagioni sfi orando il titolo sia in quell’anno sia nel 1995 e coronando la carriera nel 1996. Ha poi vissuto dei bei momenti nel 1998 con la Jordan, dimostrando di essere molto migliore di quanto la critica riteneva. Ragazzo educatissimo, degno fi glio di papà Graham, non può essere considerato un fuoriclasse ma un solidissimo professionista sì.

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VEDENDOLO ALL’OPERA agli esordi nessuno avrebbe scommesso un euro sulle sue potenzialità. Invece l’anticonformista Jacques ha messo ben presto in disparte i timori reverenziali, si è sbarazzato dell’ingombrante fi gura paterna che aleggiava sopra di lui, e ha iniziato a fare sul serio. Vincitore della 500 Miglia di Indianapolis, ha conquistato il titolo mondiale nel 1997, alla seconda stagione nella massima categoria, dopo essere sopravvissuto a Jerez de la Frontera a una macchinata infertagli da Michael Schumacher. Pilota molto intelligente, poco propenso all’errore, ha espresso le proprie potenzialità negli anni migliori della Williams, quando la monoposto appariva come lo stato dell’arte della categoria. Poi ha intrapreso una lenta discesa nell’anonimato dapprima con la Bar, squadra nella quale seguì il suo manager, poi con Renault e Bmw senza più dimostrare le doti che lo avevano imposto all’attenzione generale.

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METEORA ALLO STATO PURO. Il pilota tedesco più forte della generazione che ha preceduto la covata di campioncini dai quali poi è emerso Michael Schumacher. L’avvento di Bellof nel professionismo fu uno di quelli da ricordare: portò all’affermazione in Formula 2 il telaio Maurer e in Formula 1 si distinse da subito al volante della Tyrrell. Ingaggiato dalla Porsche per disputare il mondiale Sport mise subito in riga i tanti compagni di team e non è un caso che la sua morte sia avvenuta dopo un assurdo tentativo di sorpasso all’Eau Rouge ai danni di Ickx nella 1000 Km di Spa del 1985. In quella stagione Bellof stava vivendo un anno travagliato in F.1 a causa della scarsa competitività della propria Tyrrell. L’anno precedente aveva conquistato il terzo posto a Monaco, poi annullato per irregolarità tecnica della vettura. La sua velocità e la sua grinta erano quelli del campione assoluto. Non è un caso che fosse considerato il pilota più promettente dell’epoca assieme a Senna.

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UN ALTRO PILOTA che non ha mai vinto il campionato del mondo ma che è stato uno dei riferimenti storici della Formula 1 degli Anni ’50. Primo conduttore a portare alla vittoria una Ferrari, nel sempre ricordato Gran Premio di Gran Bretagna del 1951, soprannominato “El Cabezon”, ha avuto la sfortuna di essere messo in ombra dal connazionale Juan Manuel Fangio. Dotato di grande grinta, ha smesso molto presto di frequentare stabilmente i Gran Premi all’indomani della morte del connazionale Marimom al Gran Premio di Germania del 1954. Da allora la sua attività è stata sporadica ma detiene dei primati importanti nel rapporto tra gare disputate, podi ottenuti e prestazioni secche sul giro. Ha corso l’ultimo Gran Premio nel 1960 ed è un pilota che ha legato indissolubilmente il proprio nome al marchio di Maranello.

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PIERINO LA PESTE è uno dei piloti più completi della storia: forse ha ottenuto meno in Formula 1 di quanto le sue qualità facessero presagire. Colpa di un carattere niente male che spesso lo ha portato a discutere con i titolari dei propri team, Enzo Ferrari in testa ma non solo. La sua pista preferita era il Nürburgring.Il suo terreno ideale dove battere gli avversari il bagnato. In F.1 ha conquistato il primo Gran Premio in Francia nel 1968 al volante della Ferrari, guarda caso sotto il diluvio in una corsa che verrà ricordata per il tragico incidente di Jo Schlesser. Sei volte vincitore della 24 Ore di Le Mans - compresa la leggendaria edizione del 1969 in cui battè in volata con la Ford GT40 la Porsche di Herrmann - primo anche alla Parigi-Dakar del 1983, Ickx è stato un fenomeno delle ruote coperte, forse il più eclettico di ogni tempo. A rivedere ora la sua carriera resta il rimpianto per le occasioni sprecate nel mondiale, dove avrebbe dovuto vincere almeno un titolo, vista la sua classe purissima.

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SE FOSSE STATA per la classe naturale, il pilota argentino avrebbe dovuto vincere parecchi mondiali. In pochi hanno posseduto in Formula 1 uno stile così effi cace, una capacità di andare forte in ogni condizione, di adattarsi alla propria monoposto. Purtroppo il limite di “Lole” è stato quello, come abilmente sottolineato da Enzo Ferrari, di tormentare e tormentarsi. In sostanza di porsi troppe domande, di apparire a volte insicuro, quasi non fosse a conoscenza delle proprie qualità. Arrivato nel mondiale nel 1972 con la Brabham, ha iniziato a far risplendere la propria stella nel 1974, anno in cui si aggiudicò tre Gran Premi. Approdato in Ferrari nel 1977, preferito dal “Drake” allo stesso Lauda, perse il confronto con il compagno di team ma disputò un’ottima annata nel 1978, quando colse quattro affermazioni. Il suo anno poteva essere il 1981: ma i pessimi rapporti con Jones, il protetto di Williams, e la sua debolezza caratteriale gli fecero perdere il titolo all’ultima gara.

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BASTANO QUATTRO GRAN PREMI vinti per entrare nella storia? Se si parla di Dan Gurney la risposta è affermativa. Questo signorile pilota statunitense ha fatto penare parecchi colleghi famosi, Clark in testa. Velocissimo e tecnico, sperimentatore - è stato il primo a indossare il casco integrale - ha avuto una carriera intensa che lo ha portato a vincere ovunque e a scrivere pagine importanti. L’unica affermazione della Porsche nel mondiale, per esempio, è siglata Gurney, nel 1962 al Gp Francia di Rouen, così come la prima vittoria della Brabham, sempre sullo stesso circuito nel 1964, o l’unica affermazione della “sua” Eagle-Weslake al Gran Premio del Belgio del 1967. Pilota a tutto tondo, fortissimo anche con le ruote coperte, ha gareggiato in Europa e negli Usa. Gli unici rimpianti sono venuti dall’assenza nel suo curriculum della 500 Miglia di Indy, vinta però come titolare del team Eagle in due edizioni.

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FIGURA EMBLEMATICA di un’epoca, rappresentante di una dinastia legata indissolubilmente a un destino tragico. Hawthorn, campione del mondo del 1958, era uno dei componenti di quei giovani piloti Ferrari che dal 1956 al 1958 sarebbero tutti morti. Accadde anche a lui, pochi mesi dopo la conquista del titolo iridato, in un incidente stradale a Guildford mentre sfi dava un amico dopo una serata di festa. Pilota molto promettente, debutta con un quarto posto a Spa nel 1952 e l’anno dopo viene messo sotto contratto dalla Ferrari. Ha vinto solo tre Gran Premi ma aveva uno stile molto effi cace, che gli permetteva di andare forte con qualsiasi tipo di vettura. È stato il signore indiscusso della F.1: biondo, bello, elegante (guidava con il cravattino!), ricco, con la fama del playboy, aveva annunciato il proprio ritiro all’indomani della morte del suo più caro amico e compagno di squadra Peter Collins, perito in una stagione che si portò via anche Musso e Lewis-Evans.


I migliori piloti auto di sempre: dal 29° al 20°
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IL PIÙ GIOVANE VINCITORE di un Gran Premio iridato della storia, il più giovane ad aver conquistato una pole position e un podio. Con queste credenziali il tedeschino della Red Bull dovrebbe impiegare molto poco a scalare la classifi ca dei migliori di ogni tempo. Fino ad oggi le sue prestazioni sono state un crescendo inesorabile. Nel 2009 è stato il rivale più accreditato di Jenson Button. Ha uno stile che convince, un approccio molto tecnico nei confronti di ogni sfumatura della categoria, una forte umiltà che gli permette di convivere bene con le tensioni dell’ambiente. Tra i piloti della nuova generazione è quello con Hamilton dal maggior potenziale di crescita, destinato a lottare per il titolo stabilmente nelle prossime stagioni. A differenza dell’inglese non ha ancora lavorato per un top team “classico”, Ferrari o McLaren per intenderci, dove la vittoria è un obbligo e non una possibilità. È questa l’unica incognita che lo riguarda.
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ALTRO AUSTRALIANO TOSTO e duro. Ha legato il proprio nome a quello di Frank Williams, al quale ha regalato nel 1980 il primo campionato del mondo. Figlio di uno dei migliori piloti della sua nazione, Stan Jones, si era messo in luce in F.3 inglese con la Grd. Il suo debutto, nel 1975, avviene al volante di una Hesketh privata ma dura poco per il fallimento della squadra. Ma nel giro si sapeva che questo ragazzo introverso, robusto e antipersonaggio per eccellenza, aveva talento. Dopo aver convinto al volante della Surtees, ha conquistato la prima vittoria a Zeltweg nel 1977 con la Shadow. Nel 1978 porta al debutto la prima vera Williams della storia ed esplode nella seconda parte del 1979, vincendo ben quattro Gp. L’anno dopo è campione del mondo. Molto bravo nella messa a punto ha perso le motivazioni dopo la sfortunata stagione 1981, quando la sua rivalità con il compagno Reutemann fece sì che entrambi perdessero il campionato.
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COME SCHECKTER, è stato una meteora, nel senso che dopo il campionato del mondo vinto nel 1976 si è perso, lasciando il campo. Hunt è stato un pilota tutto genio e sregolatezza. In Formula 3 lo definivano “Hunt the shunt”, lo schianto, per i numerosi incidenti che lo vedevano protagonista. Velocissimo, talentuoso, sensibile, un campione però troppo scanzonato fuori dalle piste. In Formula 1 ha legato il suo nome alla breve avventura della Hesketh, la squadra di lord Alexander, gestita tecnicamente da Harvey Postlethwaite con la quale mosse i primi passi. Dapprima con una March modifi cata, poi con una Hesketh al cento per cento, Hunt si mise in luce nel 1973 e 1974, vincendo nel 1975 il primo Gran Premio della carriera in Olanda. Passato alla McLaren vince il titolo nel 1976, anche grazie al ritiro di Lauda nell’ultima corsa. La sua vita, troppo presto conclusa a 46 anni, è stata la fotografi a delle sue corse: vissuta sempre a mille e con mille contrattempi che avrebbe potuto evitare.
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CAMPIONE DEL MONDO del 1967 con due soli Gran Premi vinti ma uno dei piloti più longevi della storia, un professionista, un uomo che ha saputo restare ad alto livello senza perdere mai di vista la propria umiltà. Neozelandese: giunto in Europa nel 1960 a seguito del suo connazionale Greg Lawton, tornò in patria quando questi morì. Con pochi soldi riprese da zero la carriera fi nché Jack Brabham, nel cui team lavorava da meccanico, non lo prese sotto la sua ala protettrice. I rapporti tra i due si guastarono proprio nel 1967 quando il campione del mondo australiano si accorse che Hulme non voleva rispettare gli ordini di scuderia. Vinto il titolo, Denny è poi diventato uno dei piloti storici della McLaren, con la quale ha dimostrato di possedere oltre che un’indubbia capacità tattica anche un forte potenziale velocistico. È morto d’infarto nel 1992, a 56 anni, durante la 1000 km di Bathurst, gara del campionato turismo australiano.
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TROPPO “BUSINESSMAN” per potere avere una carriera lunga. Eppure il campione del mondo del 1979, lo stesso che si ritirò mestamente l’anno successivo, è stato un talento incredibile, uno che ha bruciato le tappe e che nei suoi primi anni ha fatto arrabbiare parecchi colleghi. Lo stile del giovane Scheckter era tipico di chi si sentiva più che sicuro. Amava guidare sempre di traverso. È entrato in F.1 dalla porta principale, con la McLaren. Nel 1973, a causa di una azzardata manovra di sorpasso al secondo giro del Gp di Silverstone, creò una delle peggiori ammucchiate della storia. Poi, calmandosi, Scheckter è diventato un campione. Bravissimo con la Tyrrell, sorprendente con la Wolf, si è laureato campione con la Ferrari. A Maranello ha portato in dote raziocinio, talento, sensibilità ed ha formato con Villeneuve una delle coppie migliori del “Cavallino”, unita, amalgamata sia sul fronte tecnico sia in quello umano. Si è ritirato prestissimo per cambiare vita.
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TRA I PRIMI 25 della storia delle corse non può mancare Sebastien Loeb. Perché lo Schumacher degli sterrati non è solo un rallista ma un pilota completo. Loeb ha ribaltato il ruolo del pilota iperspecializzato. Non si accontenta degli sterrati. Ama anche la velocità in ogni sua forma, non disdegna le uscite al volante delle Sport, ha già rischiato di vincere la 24 Ore di Le Mans, prima o poi si cimenterà anche in Formula 1, dove avrebbe potuto debuttare già nel 2009. Ma non si tratta, sia chiaro, di semplici assaggi. Loeb è professionista tout court. Lo stesso metodo che lo ha fatto diventare l’imbattile campionissimo dei rally è applicato anche quando calca gli autodromi. Impensabile non inserirlo tra i primi di questa graduatoria. Grazie a Loeb viene annullata defi nitivamente la barriera che separa due mondi all’opposto ma che in realtà riporta il fenomeno dell’automobilismo alle proprie origini, quando i grandi non avevano problemi a correre alla Mille Miglia e poi a un Gp.
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COME TALENTO Raikkonen è uno dei migliori mai apparsi. Veloce, sensibile, tattico, simile a Schumacher per la capacità di adeguare il ritmo di gara alle circostanze, alzando quindi l’asticella nel momento più opportuno, ha avuto fi no ad oggi il limite caratteriale di non riuscire mai a diventare un uomo squadra a 360 gradi. Passato dalla Formula Renault alla Formula 1 in un sol colpo ha impiegato poco a vincere il primo Gran Premio e ha centrato il campionato del mondo nella stagione d’esordio con la Ferrari. Dopo di allora non ha più trovato la costanza nelle prestazioni, anche perché ha sofferto la riorganizzazione della squadra italiana e la relativa competitività della monoposto nel 2009. Imbattibile su alcuni tracciati, Spa-Francorchamps su tutti, bravissimo sul bagnato, ha deciso di prendersi un anno sabbatico, impegnandosi nel mondiale rally con la Citroën. Se riuscisse nell’impresa di far suo anche quel titolo entrerebbe ancora più nella storia.
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UNO DEI PILOTI più tattici della storia. Più passista veloce che sprinter ma sempre pronto a sfruttare gli errori degli avversari. Ha un curriculum tra i più importanti, con tre campionati del mondo conquistati, due con la Brabham e uno con la Williams, 23 Gp vinti, 24 pole position e una carriera che lo ha portato a frequentare la fi ne degli Anni ’70, tutti gli Anni ’80 e i primi ’90. Quasi tre decadi nelle quali quando veniva dato per fi nito riusciva a tornare a splendere all’improvviso e le tre affermazioni con la Benetton tra il 1990 e il 1991 ne sono la dimostrazione. Bravo nel mettere a punto la monoposto, personaggio sempre al centro dei rifl ettori per la sua aria scanzonata e la fama di incallito play boy, cadde in crisi con l’avvento di Ayrton Senna nel mondiale. Divisi da profonda antipatia umana e sportiva i due non fi ngevano nemmeno di sopportarsi. La carriera di Piquet resta però una delle più importanti nella storia dell’automobilismo.

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SETTE VOLTE campione del mondo di motociclismo con titoli sia in 350cc sia in 500cc, campione del mondo con la Ferrari nel 1964, vincitore di molte corse con vetture Sport. Un fenomeno che passava dalle due alla quattro ruote in un’epoca nella quale iniziava a contare la specializzazione. Poco ricordato dai più, Surtees è stato un grandissimo fin dalle prime corse. Nell’anno dell’esordio, 1960, ottenne il secondo posto a Silverstone con la Lotus. Nel 1963 entra in Ferrari e vince subito al Nürburgring, circuito dei quali è stato uno dei massimi interpreti. Conquista il mondiale l’anno successivo ma nel 1966, anche a causa dei pessimi rapporti con il collaudatore Mike Parkes, se ne va dalla Ferrari. Porta alla vittoria la Cooper-Maserati e regala, nel 1967, un incredibile primo posto a Monza alla Honda. Pilota fi nissimo e completo, con una sensibilità meccanica tra le più raffi nate, ha poi fondato la Surtees. Ancora oggi è l’unico che può fregiarsi del doppio titolo auto-moto.

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L’UNICO CAMPIONE del mondo alla memoria, morto a Monza nel 1970, dopo un terribile incidente alla staccata della curva Parabolica. Rindt ha costruito la propria leggenda come campionissimo della Formula 2, categoria nella quale aveva conquistato 23 vittorie dal 1967 al 1970, senza ottenere il titolo europeo per la semplice ragione che faceva parte dei piloti classifi cati in Formula 1. Al successo nella massima categoria è arrivato relativamente tardi, perché dal 1964 al 1968, aveva guidato monoposto poco competitive o di squadre in grave crisi tecnica. Pilota geniale nel senso letterale del termine, molto apprezzato dai colleghi, talentuoso, ha fi rmato alcune imprese epiche: la sua vittoria al Gp di Monaco 1970, quando dopo una furiosa rimonta costrinse Jack Brabham all’errore, è una delle pagine più belle, da cartolina dell’epopea della Formula 1. Rindt era pilota completo: ha vinto anche l’ultima 24 Ore di Le Mans della storia Ferrari, nel 1965, in coppia con Gregory.




I migliori piloti auto di sempre: dal 19° all'11°
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NEL CUORE degli appassionati questo silenzioso svedese, morto all’indomani di un bruttissimo incidente al Gp d’Italia del 1978, resta un punto fermo. Peterson fa parte della schiera dei piloti che non rinunciavano mai alla battaglia e che cercano di spremere dalla vettura tutto ciò che è possibile. Era velocisismo, ma la sua carriera non è stata pari al suo talento. Colpa di un carattere non facile che lo ha portato a trovarsi varie volte in diffi coltà e in grande tensione con i team per i quali gareggiava. Se si eccettua uno straordinario Gran Premio d’Italia del 1976, vinto con l’outsider March, tutte le affermazioni di Peterson sono siglate Lotus. Proprio con Colin Chapman, Ronnie intratteneva un rapporto d’amore-odio. Venne lasciato a piedi dal patron Lotus all’inizio del 1976, poi ripescato nel 1978, quando fu relegato a essere la seconda guida di Mario Andretti. Il suo limite è stato quello di essere un pilota “naturale” in un’epoca che stava trasformando il ruolo.

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TUTTO LASCIA prevedere che la posizione di Lewis sia provvisoria. Tra i piloti in attività Hamilton ha tutto per potere entrare con relativa facilità tra i primi cinque di ogni tempo. Va fortissimo, ha dalla sua la giovinezza, la rabbia agonistica e quel briciolo di furbizia diplomatica che lo fa diventare il faro della squadra anche al cospetto di compagni più esperti. Non per niente è riuscito a far vedere i sorci verdi ad Alonso nel mondiale del 2007, ovvero alla sua prima esperienza assoluta con la massima formula. Campione del mondo del 2008, nettamente il pilota più veloce di quest’epoca, ha dato prova di grande maturità proprio nel 2009, quando è riuscito a riportare la McLaren a livelli di assoluta competitività dopo un inizio disastroso. Pochi gli appunti da muovergli: forse deve migliorare nel leggere tatticamente le corse ma è ancora talmente giovane che se l’ambizione non lo tradirà lo vedremo ancora fare incetta di titoli iridati. Perché non ha ancora espresso interamente il proprio potenziale.

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LA STORIA DI MIKA HAKKINEN è anche quella di un uomo che è riuscito a sopravvivere a un incidente gravissimo, nelle prove del Gp d’Australia 1995, uscendo da quel dramma più forte di prima. Stella della Formula Opel Lotus europea prima e della F. 3 dopo, grande rivale di Schumacher, il fi nlandese è stato un talento naturale di enorme potenziale. Lo ha dimostrato nelle poche occasioni nelle quali ha affiancato Ayrton Senna nelle ultime corse del 1993 con la McLaren. Dopo l’incidente australiano, appena il team di Woking ha trovato la competitività, Hakkinen ha messo in riga tutti quanti nel 1998 e 1999, approfi ttando anche della sfortuna di Schumacher. Spettacolare alla guida, passerà alla storia come uno dei piloti con i quali duellare era bello. Da leggenda quel sorpasso da urlo a Schumacher a Spa 2000 approfttando di un doppiato. Duro ma corretto ha chiuso con la F.1 ancora giovane nel 2001. Ma la sua carriera al top avrebbe potuto continuare ancora per molto.

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SPECIALISTA del Gp di Monaco, con cinque vittorie, due volte iridato, unico nella storia a vincere anche la 24 Ore di Le Mans e la 500 Miglia di Indy. Il papà di Damon era pilota completo, dotato di grande acume e ottima sensibilità, di un bello stile di guida. La sua passione lo ha portato dapprima a essere meccanico della Lotus per pagarsi le corse ma Chapman, dopo due anonime stagioni nel 1958 e ‘59, lo mise alla porta preferendogli Clark e altri piloti. Esplose nel 1962 con la conquista del primo mondiale al volante della BRM, che guidò fi no al 1966, quando apparve chiaro che la stella di Jackie Stewart lo metteva in ombra. Dimenticando i dissapori iniziali, approdò alla Lotus con la quale vinse il titolo 1968, dopo la morte di Clark. A fi ne carriera aveva fondato una propria squadra, l’Embassy-Hill per la quale correva l’astro nascente Tony Brise. Entrambi sono morti il 29 novembre 1975 precipitando con l’aereo privato che Hill stava guidando personalmente.

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È IL PRIMO PER TITOLI, due, tra i piloti in attività - ovviamente Schumacher escluso -che appaiono in questa classifica. È il primo spagnolo ad aver conquistato il mondo dei Gran Premi ed avere distratto i propri connazionali dal motociclismo, da sempre sport prediletto della penisola iberica. Talento naturale scoperto da Giancarlo Minardi, ha progressivamente messo da parte gli ardori giovanili per diventare uno dei piloti più affi dabili del circo iridato. Ha uno stile molto personale alla guida e un carattere puntiglioso. La negativa esperienza in McLaren nel 2007 ne ha forgiato gli aspetti relazionali con le squadre per le quali lavora. Offre professionalità ma pretende di essere ripagato della stessa moneta. È quello che si aspetta dalla Ferrari a partire dalla prossima stagione. Dotato di grinta a profusione, non rinuncia mai ad attaccare gli avversari e raramente viaggia di conserva. La sua posizione tra gli assi di ogni tempo non è casuale ed è ampiamente meritata.

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HA RISCHIATO di essere il secondo Stirling Moss della storia. L’appuntamento con il titolo mondiale è spesso sfumato per le circostanze più disparate. E Nigel si vedeva costretto a rimandare all’anno successivo. Arrivato in Formula 1 senza un gran curriculum alle spalle, non qualifi cato al primo Gran Premio con la Lotus, è poi esploso all’improvviso e da quel momento le sue prestazioni sono diventate sinonimo di velocità, carattere e un pizzico di follia. Come Villeneuve ha saputo offrire spettacolo, non ha mai rinunciato al duello, ha sempre provato a saggiare i propri limiti. Da lui ci si poteva attendere di tutto, anche un sorpasso all’esterno in un punto impossibile. Il suo limite è stata la fragilità caratteriale ogni qual volta in squadra, come accadde in Ferrari, trovava un compagno scomodo. Mansell resterà nella storia dell’automobilismo come uno dei piloti più veloci in assoluto ai quali difettava spesso la visione tattica della corsa. Ma è di diritto uno dei grandissimi.

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EROE DEI DUE MONDI nel senso letterale del termine. Asso delle corse Usa, campione del mondo del 1978 con la Lotus, alcune prestazioni da lasciare a labbra spalancate all’epoca del suo debutto in F.1 nel 1968, qualifi cato 11° nelle prove del Gp d’Italia e corsa saltata perché tornò negli Usa per disputare una gara Usac. Ha vinto ovunque: con le Sport della Ferrari, con la Ferrari Formula 1, con la Lotus, la 500 Miglia di Indy. Gli è mancata solo la 24 Ore di Le Mans, gara che ha inseguito a lungo. Esempio di pilota eclettico, completo e velocissimo, che non ha mai mollato. Un professionista sempre ben disposto e umile ma allo stesso tempo concetratissimo in tutto ciò che poteva regalargli la vittoria. In un’epoca dove l’iperspecializzazione domina in ogni campo, l’esempio di Andretti fa venire in mente la frase resa celebre dal presidente Obama: “Yes we can” e Andretti ciò che si poteva ottenere ha ottenuto.

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QUANDO APPARVE in F. 1 si capì che sarebbe diventato un grandissimo. Fittipaldi impiegò poco a vincere il primo Gp. Appena lo spazio di due mesi a 24 anni ancora da compiere, nel momento in cui venne promosso prima guida per sostituire in Lotus lo scomparso Jochen Rindt. Da allora Emerson ha vinto due campionati di F.1, primo brasiliano campione del mondo, due 500 Miglia di Indianapolis, numerose corse Indycar e un campionato della serie Usa. Completo, velocissimo, tattico, poco portato all’errore e dotato di grande sensibilità nella messa a punto, Fittipaldi ha forse ottenuto meno di quanto seminato, perché preferì rinunciare alla sicurezza di una grande squadra per intraprendere l’avventura con la Copersucar-Fittipaldi, vettura gestita dal fratello Wilson. Ed anche con quella monoposto riuscì a lottare per punti preziosi in anni di grande competitività generale. La sua è tra le carriere più importanti e longeve della storia: nel 2005 a 59 anni tornò a guidare, in F.Master, e giunse 2°!

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TRE VOLTE CAMPIONE DEL MONDO, una carriera lunghissima e importante eppure poco considerato dalla critica che lo relega spesso dietro ad altri. Riportando le cose sotto un’ottica equilibrata c’è da sottolineare che Brabham ha vinto il primo titolo a motore “posteriore” della storia nel 1959; si è ripetuto nel 1960; ha fatto tris nel 1966, al primo anno della nuova era dei motori 3 litri e ha proseguito la carriera sempre tra i primissimi fi no al 1970 quando, a quasi 44 anni, vinse la sua ultima corsa, il Gp del Sudafrica. Coriaceo come pochi, durissimo, temuto da chiunque, è anche l’unico pilota della storia ad aver vinto un mondiale con una vettura da lui costruita. Australiano doc, ha attraversato varie generazioni della Formula 1 da protagonista, scontrandosi con gli eroi “classici” e quelli moderni, tenendo a battesimo schiere di futuri campioni i quali sapevano che contro sir Jack avrebbero dovuto fare i conti e che un duello con lui poteva avere esiti imprevedibili.


I migliori piloti della storia: TOP 10
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Scoprite chi è il Numero Uno!

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GILLES È ENTRATO nella leggenda pur senza mai vincere un titolo mondiale e tutto sommato nemmeno raggiungendo uno score da storia dell’automobilismo. Eppure Gilles piombò nei Gp come un fulmine e gli bastò appena una corsa con la McLaren a Silverstone per convincere Enzo Ferrari ad assumerlo nel momento in cui Lauda decise di abbandonare il Cavallino. Non ci volle molto a Gilles per calamitare le attenzioni di tutti quanti: velocissimo, funambolico, sempre a sfi dare limiti che parevano irraggiungibili per chiunque. Portato istintivamente al rischio ha compiuto alcune imprese leggendarie, anche quando, come al Jarama nel 1981, la sua Ferrari non era all’altezza delle rivali. Spettacolare, irruente, velocissimo, aveva il potere di dividere l’interesse della gente: c’era la corsa degli altri e quella personale di Villeneuve che spesso coincideva con la lotta per il primo posto. L’incidente di Zolder l’ha probabilmente privato di un titolo che avrebbe strameritato.

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IL MIGLIOR PILOTA ITALIANO della storia. Due campionati del mondo vinti con la Ferrari, un ancor oggi misterioso incidente mortale a Monza nel 1955 mentre collaudava la vettura sport di Castellotti per saggiare le sue condizioni fisiche dopo che era stato protagonista di un brutto incidente, finendo in acqua a Monaco. La carriera del pilota milanese avrebbe potuto durare molto di più. Per lui lo stesso Fangio nutriva profonda ammirazione e timore nel trovarselo afi anco. Perché Ascari è stato uno degli assi degli Anni 50 quando la Formula 1 iniziava a diventare cosa seria e non una competizione per pochi intimi. Primo pilota a regalare un podio mondiale a Ferrari con il secondo posto a Monaco nel 1950, ha inanellato una serie impressionante di affermazioni tra il 1952 e il 1953, ben undici vittorie, undici pole position e nove giri più veloci, con un primato di 7 affermazioni di seguito in Gran Premio che solo Michael Schumacher è riuscito a battere.

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IL QI, ovvero il quoziente intellettuale, di Niki Lauda è tra i più elevati dell’automobilismo di ogni epoca. È anche per questo, per la intelligenza, per il suo fi uto di sapere il come, il dove e il quando che l’austriaco ha vissuto due carriere in F.1, entrambe gloriose. Il primo Lauda nacque “brutto anatroccolo”,anche perché guidare nel 1972 la March non era il massimo, e divenne “principe” con la Ferrari vincendo due titoli. Il secondo, quello che dopo un ritiro lungo due anni si presentò al via del Gp Brasile del 1982 con la McLaren, seppe trasformarsi in “re”, vincendo il titolo 1984. Tecnico e tattico, splendido nella guida, sensibile ad ogni trasformazione della vettura, Lauda è anche passato alla storia per l’incredibile recupero fisico e psicologico dopo il drammatico incidente al Ring 1976. È stato il punto di riferimento della sua generazione. Perché insegnava agli altri che ad andare forte in molti sono capaci, ma vincere è di gran lunga più diffi cile. E lui vinceva.

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UN ASSO che non ha mai vinto il titolo mondiale: per quattro anni di seguito (dal ‘55 al ‘58) l’eterno secondo nel mondiale. Ma resta un vero numero uno per la sua velocità impressionante. La maledizione della sua carriera è stata quella di imbattersi quasi sempre nelle monoposto sbagliate nell’anno peggiore con l’eccezione della Mercedes, dove però trovò al proprio fi anco Fangio dal quale venne battuto soprattutto ai box, per la maggiore capacità dell’argentino di relazionarsi con tecnici, meccanici e direzione sportiva. Moss ha scritto pagine fondamentali nella storia: ha portato alla vittoria la Vanwall, veloce ma fragile e questo gli costò il titolo del 1958, ha vinto il primo Gran Premio della Lotus, ha trionfato nella Mille Miglia e alla Targa Florio. È stato vittima anche di paurosi incidenti, dai quali è sempre sopravvissuto. Uno di questi, a Goodwood 1962, ha posto fi ne alla sua straordinaria carriera. Con Moss si ritirava uno dei campioni più completi della storia.

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L’ALTRO GRANDE SCOZZESE della storia, coevo di Jim Clark e per certi versi persino più moderno nell’intendere la professione. È arrivato al primo titolo mondiale, nel 1969, con maggior ritardo rispetto ad altri per la semplice ragione che per anni la Brm non era stata la vettura più competitiva, così come la prima Matra. Ma già dai suoi esordi aveva dimostrato di essere incredibilmente veloce e capace di gestire con grande acume la corsa. Estroverso, affabile, è stato anche un grande politico delle corse, capendo prima di tutti gli altri quanto fosse importante la campagna per la sicurezza dei circuiti e delle monoposto. L’associazione dei piloti da Gran Premio, la Gpda, nacque sotto la sua spinta. Queste doti non devono però mettere in secondo piano le capacità dell’asso. Ha vinto la prima corsa a Monza nel 1965 e l’ultima al Nurburgring nel 1973. Poi, a seguito della morte del suo compagno di squadra Cevert al GP Usa, decise di ritirarsi da Re imbattuto. Ma non era al tramonto. Tutt’altro.

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SENZA SE E SENZA MA: la sfortuna di Alain Prost è l’aver incontrato sulla propria strada Ayrton Senna. Ma, allo stesso tempo, il confronto tra i due ha dimostrato l’immensità del pilota francese che è stato l’unico compagno di squadra del brasiliano a essere riuscito nell’impresa di metterlo in crisi oltre che di batterlo. Velocissimo, dotato di grande sensibilità meccanica, tattico e intelligente nel prevenire le mosse dei colleghi. Non per niente lo hanno soprannominato “Il Professore”. Se si eccettua un brutto incidente nell’anno dell’esordio con la McLaren nel 1980 in Sudafrica, Prost si è sempre tenuto alla larga dai guai. Catalizzatore all’interno del team, aveva fatto propria la metodologia relazionale e di lavoro di Niki Lauda, del quale rappresenta una logica evoluzione e un miglioramento ulteriore. Il suo stile è stato uno dei più belli in assoluto della storia: un pittore diffi cilmente avrebbe potuto essere più preciso nel tratto di Alain Prost.

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MIGLIOR PILOTA degli Anni’60, è stato il primo esempio di campione moderno a 360°. Colin Chapman gli costruì addosso le monoposto, lui le portò all’affermazione con uno stile ineguagliabile. Amava scattare al comando e da quel momento nessuno era in grado di batterlo. Con Clark nasce la fi gura del pilota “terminale” della macchina. Non più corpi separati ma un tutt’uno capace di qualsiasi impresa, quasi una visione “ballardiana”, precognizione dei tempi attuali. Ancora oggi la sua prestazione al Gran Premio d’Italia 1967 con la Lotus 49-Cosworth, quando rischiò di vincere prima di restare senza benzina a meno di un chilometro dal traguardo e dopo una rimonta incredibile, fa parte delle corse migliori della storia. Non per niente Senna è stato il suo degno erede. Probabilmente il 1968, anno del tragico incidente di Hockenheim in F.2, gli avrebbe donato un altro titolo mondiale, il terzo. Personaggio dotato di grande classe e carisma, era un vero signore.

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IL CAMPIONISSIMO degli Anni ’50, il recordman di vittorie nei campionati prima che Schumacher arrivasse per detronizzarne il primato. Per lui Senna aveva una sorta di venerazione e quando i due si incontrarono ci fu profonda commozione reciproca. Argentino di classe inarrivabile, capace di alzare l’asticella dei propri limiti a seconda delle circostanze, è stato il compagno di squadra peggiore che i suoi rivali potessero avere. Prima guida in pista e fuori, pignolo sugli ingaggi, primo esempio di professionista, ha vinto con Alfa Romeo, Mercedes, Maserati e Ferrari. Tra i piloti della sua epoca è l’unico che entra nelle classifi che assolute per numero di affermazioni. Completo come nessuno del decennio di appartenenza, popolare a tal punto da restare vittima di un sequestro a Cuba nel 1958, era rispettato: Hawthorn al Gran Premio dell’AC Francia 1958 si rifi utò di doppiarlo per non umiliare il “vecchio” campione sulla via del declino.

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I NUMERI possono anche mentire, ma Michael Schumacher merita il secondo gradino del podio. E se davvero dovesse tornare a vincere rientrando in F. 1 potrebbe persino scalzare qualcuno che lo precede. Lavoratore instancabile, perfetto tattico, velocissimo in ogni condizione, umile nel proprio lavoro, cattivo al punto giusto per circondarsi di un’aurea di assoluto rispetto da parte dei colleghi, è secondo dietro a Senna soprattutto per via della qualità degli avversari che ha incontrato durante la carriera, non all’altezza di quelli del brasiliano, ma questa non può essere considerata una sua colpa. A Schumacher va dato atto di essere stato l’unico a mettere in crisi Ayrton Senna nelle prime corse della drammatica stagione 1994, che lui aveva iniziato con una magnifi ca doppietta. Con Michael il pilota si trasforma in atleta allo stato puro. La sua caratteristica principale: tenere un ritmo di gara al limite dal primo giro fino alla linea del traguardo. E in questo nessuno è stato meglio di lui.


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IL PRIMO TRA I PRIMI, come avrebbe voluto lui. Il campione dei campioni indiscusso, al di là delle percentuali. Ogni sua affermazione è stata un’impresa, ogni suo giro in pista un capolavoro, ogni sua frenata un’emozione. Il brasiliano ha saputo battere rivali fortissimi in un’epoca nella quale l’equilibrio tecnico era molto alto. In pochi sono riusciti a metterlo in crisi. Prost e Mansell soprattutto. Il primo con la furbizia, il secondo con il rischio nel piede. È morto nel modo più assurdo, dopo avere conquistato nel 1994 tre pole position al volante di una vettura che aveva numerosi problemi, confermandosi come il più veloce anche al cospetto del giovane Schumacher. Personalità fortissima, intelligente, ambizioso, meticoloso, grande comunicatore, idolatrato dai tifosi e rispettato anche da quelli di parte avversa, è stato l’asso che più di ogni altro ha saputo far parlare di sé anche in ambienti distanti dalle corse. La sua morte ancora oggi è percepita come vuoto in un ambiente che dal 1 maggio 1994 non è più stato lo stesso.



fonte autosprint

Re: Autosprint: I migliori piloti della storia

MessaggioInviato: 20 gen 2010, 19:07
da lorisduke1971
secondo me' manca il mitico ari vatanen

Re: Autosprint: I migliori piloti della storia

MessaggioInviato: 21 gen 2010, 12:18
da alfus2verdi
secondo em la classifica è un pò sballata...ma daltronde i gusti son personali...di certo il numero uno è il numero uno incontrastato...il mio idolo.....
anche se farei un exequo con l'altra mia leggenda personale....il fantastico Nuvolari

Re: Autosprint: I migliori piloti della storia

MessaggioInviato: 21 gen 2010, 13:43
da m3xican
io son contento di vedere nella classifica i miei due idoli!

Il grande unico ed indimenticabile Clay (a proposito consiglio di leggere l'autobiografia "È questione di cuore")

e il grande Mario Andretti!