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Dakar 2014....le tappe, report e filmati

Commenti e curiosità dalle competizioni.

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Vincenzo
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Re: Dakar 2014....le tappe, report e filmati

Messaggioda Vincenzo » 13 gen 2014, 18:08

Forza Viglio, il peggio è passato! O no?

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In gara con una Beta di Boano, ma soprattutto con Roberto Boano, che è come avere, dietro sulla sella, cassetta dei ferri e tornio, psicologo, il primario di ortopedia e il prete, tutto nella nervosa leggerezza ossuta di un fisico da albero del Ténéré, Luca Viglio arranca verso Valparaiso. Questo è due volte certo. Che arranca e che va a Valparaiso. Non ci sono alternative, lo sa anche lui, Luca Viglio, quarantenne in forma olimpica di Treviglio, commercialista dagli occhi azzurri che diventeranno di bragia, ma solo a Valparaiso. Nella penultima tappa, quella che portava a Salta, ha fatto l’errore dei più. Sembrava che tutto andasse a meraviglia, la pista facile, l’orizzonte e il riposo a portata di mano, la sensazione ingannevole di essere padrone dell’universo, o un pokemon. Insomma, il momento perfetto per cedere alla tentazione di mangiare la mela, aprire un pelo di gas e… volare. È come quando ti entrano in casa a proporti energia, connessione e comunicazione, acque al prezzo che sognavi e che sarebbe anche giusto un tuo diritto. Se non li butti giù dalle scale al momento del buongiorno, stando attento che sono maleducati e neanche te lo danno, sei fottuto e passi direttamente nelle mani di equitalia.

È così, anche alla Dakar basta un attimo che ti lasci prendere la mano, o che sei particolarmente sfortunato, e si accende il tassametro e parte la tariffa notturna, festiva, extraurbana. Luca è arrivato al bivacco di Salta con un ginocchio disconnesso e un fianco viola. Così si è riposato, certo, ma ha camminato a zoppetto e dormito a metà sull’altro fianco. Quando è ripartito alla volta di Uyuni, mi risulta che sembrava tutto a posto. Appunto, sembrare è il contrario di quello che è, e il cambio cede, ancora in trasferimento. Il resto è storia, il resto del castigo. Ore di attesa, di lotta contro il mezzo, di imprecazioni e di ansia, con la restante quota di punizione già scritta. Notte bianca, penalità, nessuna assistenza e la condanna a un altro giorno in terza, quarta e quinta prima di ritrovare l’Albero del Ténéré a Calama, oggi. Così a Bamba, questo è il nome in codice di Luca Viglio dell’ordine di Endurology, non resta che affidarsi al conforto del Presidente. Con il quale scambia quotidianamente 500 dollari di sms. Ecco l’ultima parte dell’epistolario digitale tra Luca Viglio e Lorenzo Capodano, tra Milano e Uyuni.

Luca Viglio, Bamba
«Sono in uno stato psicofisico orrendo. Sto mangiando, ancora vestito da moto, col casco sul tavolo. Adesso. Arrivato adesso, dopo 15 ore in sella, gran parte delle quali oltre i 3000, con solo terza, quarta e quinta perché al primo trasferimento il cambio della Beta ha deciso che era stanco, si è messo in sciopero, e solo dopo qualche telefonata con chi di dovere son riuscito a rimettere in funzione terza, quarta, quinta. Poi 200 km di trasferimento e 290 di speciale a velocità uno con la paura di sfasciarlo del tutto. Guidare dalla terza in poi è una m(bip) totale. 2h di penalità, credo. Ciliegina sulla torta, oggi è tappa marathon per cui domani riparto nello stesso stato. Altro?».

Lorenzo Napodano, Presidente
«Ahaahahah, sei proprio il solito scemodimmerda, ma oggi non mi inganni. Lo leggo da quello che scrivi, da come scrivi. Ce ne hai messo per mollare brutto bastardo! Ecco adesso ci siamo. Stai iniziando a raschiare il barile. Fra non molto inizierai a chiederti se abbia un senso. Sempre che tu non abbia già iniziato a farlo. Fra non molto ti chiederai se tutto sommato ti piace far sta ca(bip)a... fare questa Dakar. Ti chiederai ma che tracciato di me(bip) è questo? Che schifo è guidare in un Rio pietro-sabbio-feshfeshioso per centinaia di km con 50 gradi? E la risposta sarà affermativa. Fa Ca(bip)reeee!!!! ahahahah
Capirai che è molto più soddisfacente, molto più bello andare a girare a Perino, coi ragazzi, con Lollo che vola per farci ridere, e 2Cazzi che ti aspetta in cima alla mulattiera con la sigaretta stretta tra i denti sbeffeggiandoti. Col sottoscritto al quale rompi sempre i co(bip) per i tracciati che scelgo e te che dopo pranzo, murato di nocino, cadi alla curva Uno.
Ma tutto questo adesso non c’è. C’è solo uno str(bip)o che si chiama Luca Viglio che sta facendo la gara più impossibile del mondo. Da solo.
Ecco, adesso ci siamo. E fra poco ancor di più. Quando sto ca(bip)o di barile l’avrai raschiato con le unghie, l'avrai raschiato del tutto e sarai al vero sfinimento psicofisico, quando piangerai in quella me(bip)a di casco, non sarà ancora abbastanza. Penserai che quello è il tuo limite, ma loro ti porteranno oltre, e oltre ancora. Non ti dirò che hai fatto il giro di boa, che la seconda parte è più semplice, che ti daranno un po’ di respiro adesso. No. Sarà sempre più dura. Ma non perché tu sei più stanco. Si anche per quello. Ma perché loro sono dei gran figli di pu(bip)na. Ma a Valparaiso li amerai sinceramente come se Casterà fosse tuo padre e Lavigne tua madre.
Beh insomma, quando raggiungerai quel limite che non conoscevi, sarai arrivato al punto più importante di tutta la gara. Al significato esatto di questa follia. E forse anche a uno dei punti più importanti della tua vita. Hai 2 sole alternative. 1: mollare. 2: trovare qualcosa dentro te stesso che ti faccia andare avanti. Questo sarà il meccanismo che ti farà passare da uno scemodimmerda a uno scemodimmerda migliore. Da un endurista qualunque a un Dakariano, soprattutto nella vita. Non so quale sarà il meccanismo che sceglierai. Io l’ho trovato alla terzultima tappa. E’ stato un vaffanculo enorme e sghignazzante a tutta questa follia. Ho iniziato a fottermene di tutto. Dei tempi, della foga, della paura. Ho iniziato a guardarmi attorno, a godermi anche qualcosa, a sdraiarmi tra le dune quando ero stanco e a cagare in speciale davanti ai fotografi perché mi scappava. E ho iniziato a divertirmi davvero, sulle dune e ovunque potessi.
Non è detto che questo valga anche per te. Quindi questo consiglio non posso dartelo. Devi trovarlo da solo. Amico mio».


Fonte moto.it
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Re: Dakar 2014....le tappe, report e filmati

Messaggioda Vincenzo » 16 gen 2014, 20:37

Tappa 11 Antofagasta - El Salvador

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Classifica tappa

1 ... COMA (ESP)... KTM ...006:36:08
2 ... DESPRES (FRA) ...YAMAHA ...+ 00:02:51
3 ... PAIN (FRA)... YAMAHA ...+ 00:05:28
4 ... VILADOMS (ESP)... KTM ...+ 00:05:53
5 ... BARREDA BORT (ESP)... HONDA... +0 00:08:12
6 ... RODRIGUES (PRT) ...HONDA ...+ 00:09:23
7 ... PEDRERO GARCIA (ESP)... SHERCO ...+ 00:09:50
8 ... SVITKO (SVK) ...KTM ...+ 00:13:25
9 ... PRZYGONSKI (POL)... KTM ...+ 00:14:40
10 ... JAKES (SVK) ...KTM ...+ 00:14:47


Classifica generale

1... COMA (ESP) ...KTM ...047:02:14
2 ... BARREDA BORT (ESP)... HONDA ...+ 00:52:33
3 ... VILADOMS (ESP)... KTM ...+ 02:04:49
4 ... PAIN (FRA) ...YAMAHA ...+ 02:22:19
5 ... RODRIGUES (PRT)... HONDA ...+ 02:29:33
6 ... DESPRES (FRA)... YAMAHA ...+ 02:32:18
7 ... PRZYGONSKI (POL)... KTM ...+ 02:41:09
8 ... GOUET (CHL)... HONDA ...+ 03:21:35
9 ... SVITKO (SVK)... KTM ...+ 03:43:06
10 ... CASTEU (FRA)... KTM ...+ 04:02:26


3° successo di Marc Coma (KTM), che consolida la leadership.
La Dakar è nel cuore dell’Atacama. Il deserto più arido del Mondo, senza nuvole e con una piovosità vicinissima allo zero statistico, ma la pioggia si è fatta attendere anche per 400 anni, virtualmente sterile e privo di umidità, dove la vita è già di per sé una grande scommessa. Eppure basta che l’evento rarissimo delle poche gocce d’acqua di un piovasco si manifesti e, in poche, ore la distesa si trasforma in un incredibile giardino dell’eden, poche ore dopo restituita all’arsura e alle sue raccapriccianti escursioni termiche. L’Atacama non è un luogo desolato, al contrario. La posizione, le Ande a Est e l’Oceano a Ovest, la varietà delle situazioni morfologiche, dalle piatte distese sassose agli oceani di dune, l’arco di luce che ne modella i rilievi cambiandone i colori, la costellazione di luoghi singolari e seducenti, la storia dei suoi centri minerari, dei suoi villaggi, lo rende affascinante come altri pochi posti al Mondo. Per conoscere l’Atacama bisogna esserci stati o leggere Rivera Letelier, il minatore-romanziere che ora vive ad Antofagasta. O partecipare alla Dakar.


L’undicesima tappa dell’edizione 2014 torna in questo luogo incantato per proporre la Prova Speciale più lunga del Rally, complessivamente la più difficile e impegnativa. Un’antologia della durezza del territorio e della corsa, con le piste dell’area mineraria, per incominciare, i passaggi di “rios” e “quebradas” sassosi e in secca, i numerosi dislivelli, anche sensibili all’inizio della prova, le lunghe distese di terreno accidentato, ed entrare, nella seconda parte, nel cuore dell’Atacama, affrontare i 120 chilometri di sabbia e delle dune di Copiapò, e risalire infine in quota fino al bivacco di El Salvador. È una tappa che tutti i partecipanti dovrebbero poter portare a termine senza alcun contrattempo per conservarne nella memoria il fascino, ma naturalmente non è questo, nelle intenzioni dei tracciatori della corsa, l’obiettivo primario. E infatti…
Quasi 150 chilometri di trasferimento iniziale, e quindi è Prova Speciale. La più lunga del Rally. Joan Barreda apre la strada. Compito particolarmente ingrato, proprio oggi. La prima parte della tappa è affrontata con una certa circospezione, e il solo Cyril Despres si dimostra più attivo alzando lievemente la media. Barreda si è reso conto che non può sbagliare e contiene la consueta verve, navigando con attenzione e assoluta precisione davanti a tutti per oltre metà della PS. L’ordine di partenza ha intanto favorito Marc Coma che, partito dalla quinta posizione, è nella condizione ideale per trarre il massimo vantaggio dalla tappa. Per un lungo tratto lo spagnolo naviga da solo al riparo dai rischi, poi si accoda a Rodrigues, partito tre posizioni davanti a lui. L’andatura e la classifica degli intermedi lo premiano, e Coma si avvicina anche a Despres e Barreda che ormai procedono praticamente affiancati. Il suo vantaggio aumenta.

La gara prende una piega inaspettata prima ancora di entrare nelle dune di Copiapò, congelando la situazione e marcandone ancor di più i contorni. Barreda cade, e nell’urto con la dura realtà dell’Atacama rompe la strumentazione della sua Honda ufficiale. Senza più alcuna possibilità di navigare, Barreda deve così rinunciare ad ogni possibilità di attaccare. Costretto a seguire da vicino Despres, che non ha più nessun interesse a spingere, lo spagnolo interrompe bruscamente la sua azione d’attacco e subisce suo malgrado l’evoluzione della tappa, ormai senza scampo. Barreda perde terreno, scende al quinto posto e, quel che è peggio, il conto sulla sua fattura di questa Dakar aumenta a dismisura.

Il traguardo di El Salvador diventa un appuntamento con la frustrazione. Despres, Coma e Barreda arrivano alla mèta a braccetto. Coma, dopo i successi della quinta e nona tappa, vince per la terza volta dall’inizio della Dakar, e per la ventesima da quando la Dakar si disputa in Sud America. Il primato del fuoriclasse inizia ad assumere la fisionomia del quarto trionfo. Joan Barreda è infatti solo quinto e cede altri otto minuti al leader, portando il suo ritardo a oltre cinquanta minuti. Tutto sommato, basandoci sugli scarti dell’ordine di partenza, l’esito della tappa rispecchia abbastanza fedelmente quella che poteva essere la sua ipotesi di sviluppo. È certo un peccato, però, che la Speciale più attesa non abbia potuto mandare in scena i numeri migliori del suo programma.

Nulla di fatto anche nella corsa nella corsa, quella per il terzo posto. Olivier Pain, terzo al traguardo di El Salvador, rosicchia appena mezzo minuto a Jordi Viladoms che, giunto alle sue spalle, ha portato un altro ottimo risultato al suo mulino. Certamente non è finita. Cyril Despres, con il secondo posto, recupera altri tre minuti a Pain e cinque a Rodrigues, ed è ormai a meno di dieci minuti dal quarto posto di Pain. Paolo Ceci entra abbondantemente nei venti, è sedicesimo, insieme a Juan-Carlos Salvatierra.

Atacama carissimo per la gara dei Quad. Le sabbie infide delle dune hanno macinato colpi di scena e sacrificato le prime vittime. Si fermano sia Ignacio Casale che Sergio Lafuente. L’uruguaiano ha la peggio, ed è costretto al ritiro, pare per rottura del motore, prima ancora di giungere alla metà della Speciale. Ignacio Casale, come negli ultimi giorni, ripara e riparte, riprende il comando e si avvia alla conclusione della tappa trascinando dietro di sé il connazionale Victor “Patagon” Gallegos.

Jeremias Israel, intanto, è a Santiago. Lo sfortunato Pilota cileno è stato sottoposto agli interventi chirurgici necessari per ridurre le fratture al polso sinistro, alla mano e all’avambraccio destri, alla spalla destra e al setto nasale.

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Re: Dakar 2014....le tappe, report e filmati

Messaggioda Vincenzo » 17 gen 2014, 12:12

Tappa 12 El Salvador - La Serena

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-Marc Coma ha sostituito il motore ieri sera percui stamane parte con 15 minuti di penalità, il vantaggio su Borreda Bort si riuduce pertanto a 37'36".
-Barreda Bort si è fermato al km 264 con problemi alla moto. Non si sà se riuscirà a riprendere la gara o sarà costretto al ritiro.
-Dopo esere riuscito a ripartire Barreda Bort è di nuovo fermo a 25km dal traguardo con problemi , sembra, allo sterzo della moto.

Classifica tappa

1... DESPRES (FRA) ...YAMAHA... 003:58:18
2 ... COMA (ESP)... KTM ...+ 00:02:17
3 ... PAIN (FRA) ...YAMAHA ...+ 00:05:53
4 ... RODRIGUES (PRT)... HONDA ...+ 00:07:21
5 ... VILADOMS (ESP)... KTM ...+ 00:09:10
6... GOUET (CHL)... HONDA ...+ 00:09:52
7 ... PRZYGONSKI (POL)... KTM ...+ 00:10:45
8 ... CASTEU (FRA)... KTM ...+ 00:11:03
9 ... JAKES (SVK)... KTM ...+ 00:12:04
10 ... PIZZOLITO (ARG)... HONDA ...+ 00:12:49
16...CECI (ITA) ...SPEEDBRAIN ...+ 00:33:58


Classifica generale

1... COMA (ESP)... KTM 051:58:06
2 ... VILADOMS (ESP)... KTM ...+ 01:59:44
3 ... PAIN (FRA)... YAMAHA ...+ 02:08:03
4 ... DESPRES (FRA)... YAMAHA ...+ 02:14:12
5 ... RODRIGUES (PRT)... HONDA ...+ 02:16:24
6 ... PRZYGONSKI (POL)... KTM ...+ 02:36:58
7 ... GOUET (CHL)... HONDA ...+ 03:13:31
8... SVITKO (SVK)... KTM ...+ 03:47:51
9 ... CASTEU (FRA)... KTM ...+ 04:01:05
10 ... JAKES (SVK)... KTM ...+ 04:19:35
16... CECI (ITA)... SPEEDBRAIN ...+ 08:25:58

Tappa 12 al cardiopalmo! Vincono Despres e Peterhansel. Barreda è K.O.
Ultima escursione nel deserto di Atacama e ingresso nella 4a regione di Coquimbo con arrivo a La Serena che, dopo Santiago, è la più antica città del Cile. La 12ma Speciale parte direttamente dal bivacco di El Salvador e si conclude 350 chilometri più avanti, a Copiapò. Dopo la PS, altri 350 chilometri di trasferimento. Lunga poco più di metà di quella precedente, non è comunque una Speciale da sottovalutare, per il semplice fatto che torna e insiste nello stesso teatro del finale della tappa precedente: le dune di Copiapò. Ancora una volta, quindi, navigazione e sabbia a perdita d’occhio, con un cordone finale di dune come ciliegina sulla torta.

Moto: vince Despres
Era cominciata con un piccolo aggiustamento della tappa precedente. Al bivacco di El Salvador Marc Coma aveva cambiato il motore alla sua KTM, una misura precauzionale presa contando sul largo margine di vantaggio che lo spagnolo deteneva sull’immediato inseguitore, Joan Barreda, che passava da 52 a 37 minuti. Per la stessa ragione Marc Coma veniva retrocesso al decimo posto della 11ma tappa, conclusa con il miglior tempo, e la vittoria era passata a Cyril Despres. Non risulta che Coma avesse ordini di scuderia che gli imponessero di congelare il risultato (sigh!) come era scandalosamente avvenuto nella gara delle auto, Coma sapeva perfettamente che ci doveva pensare da solo, ad amministrare il suo risultato. Poi eccoci nel vivo.
La corsa sembra scorrere liscia, senza fatti imprevisti né clamorosi, come se fosse sazia dei colpi di scena che l’hanno alimentata per quasi due settimane. Coma parte per primo e apre senza forzare, attento come sempre a minimizzare rischi ed errori. La scivolata del giorno precedente, poi risolta senza contraccolpi se non per la… carenatura della sua KTM, è comunque un segnale di attenzione che lo spagnolo ascolta. A metà tappa Cyril Despres raggiunge l’ex compagno di Squadra e assume il comando delle operazioni, dando alla Speciale il suo assetto tattico definitivo. Solo un attimo di paura, nel finale, allorché la coppia di testa torna sui suoi passi per cercare un waypoint.
Il tempo perso è trascurabile, e Cyril e Marc riprendono senza essere avvicinati troppo. Lo spauracchio delle dune di Copiapò ha mitigato gli ardori, e il miraggio dell’epilogo fa il resto. Fuori Francisco Lopez, e fuori Jeremias Israel, i cileni incitano Daniel Gouet, che conclude al settimo posto dando spettacolo nel “mar de las dunas” di Copiapò. Ormai si bada più a mantenere il piccolo o grande patrimonio strappato ai 12 giorni di tortura, e il pensiero del traguardo finale è quasi tangibile, anche per quelli che hanno patito per tutta la gara come David Casteu, che corre ormai dai primi giorni con una piccola frattura alla spalla e che entra finalmente nel manipolo dei primi dieci.

Barreda: un disastro, Honda giù dal podio della Dakar
Joan Barreda non è particolarmente attivo, per due terzi della tappa recupera terreno ma con accortezza. Sembra quasi aver finalmente ascoltato quei consigli che lo invitavano ad una maggiore calma e circospezione nell’affrontare la quotidianità di una gara massacrante come la Dakar. Qualcuno l’ha detto, del resto, non è attaccandolo che uno può impensierire un Pilota dell’esperienza di Marc Coma. È più facile, forse, indurlo a un calo di attenzione, e quindi a commettere un errore, dandogli l’impressione che alle spalle non si muove foglia, che non c’è attività di disturbo.

Ironia della sorte, Barreda cade a meno di cento chilometri dall’arrivo.
La moto è semidistrutta ma il Pilota la rimette insieme in qualche modo. Perde venti minuti, poi riparte. Qualche chilometro, e deve rimettere mano al lavoro fatto, la situazione peggiora. Tra i danni più importanti la rottura della testa della forcella. Barreda procede guidando con una mano e tenendo unito l’avantreno con l’altra. Il cronometro scorre, implacabile. A 20-30 chilometri dall’arrivo lo spagnolo deve fermarsi nuovamente. Tira fuori i denti, ripara ancora. Arranca, è disposto a caricarsi la moto sulle spalle, non si arrende. Taglia il traguardo spingendo la moto, due ore e mezza dopo Despres.

La rimonta di Despres: ora è a 4 minuti dal podio
Barreda scende dal podio, ma sale nella stima. Coma è sempre più definitivamente solo in testa al Rally. Drammatico, di conseguenza, anche il confronto per il terzo posto del podio. Pain risale fino al terzo posto, a cinque minuti dal vincitore. Viladoms non si fa sorprendere e concede solo tre minuti all’avversario. Con il ritardo di Barreda, Viladoms sale al secondo posto e Pain al terzo della generale. Adesso Cyril Despres, con la terza vittoria di tappa, si porta a quattro minuti dal podio, che si prepara a giocare al fotofinish. Ignacio Casale vince un’altra tappa dei quad, Polo Ceci è all’arrivo al 16° posto, giusto dietro a Juan-Carlos Salvatierra, come al solito. Forza Luca Viglio, ci siamo quasi!

Auto: Peterhansel infrange gli ordini e vince
Ci apprestavamo a riferire con la maggiore distanza emotiva possibile di questa penultima tappa della Dakar. Che senso aveva accalorarsi per la scena, se dietro le quinte del teatro della Dakar si gioca sporco o poco sportivo? Certo, eravamo in agguato, in attesa che la Dakar delle auto tornasse sui binari della decenza con un fatto in qualche modo rivoluzionario, giusto, in grado di cancellare l’onta dell’ordine di scuderia impartito da Sven Quandt ai suoi Piloti di punta.
Il fatto prende corpo e si materializza pian piano, insinuandosi nella routine di una dinamica all’inizio della tappa non particolarmente avvincente. Orlando Terranova apre la pista per quasi tutta la speciale, ma segna il passo giusto a pochi chilometri dall’arrivo. Al-Attiyah stacca i migliori tempi parziali rimanendo in testa per quasi tutta la tappa, ma anche il Principe cede nel finale.
La sensazione è che l’ordine del tram manager sia andato a infrangersi sul muro degli Uomini. Che Terranova e Al-Attiyah si siano fatti da parte per lasciare l’intera scena ai protagonisti, loro malgrado, dell’affaire Quandt. L’arrivo in tempo reale nella polvere di Copiapò è al fotofinish. Fa venire la pelle d’oca, e offre l’immagine strabiliante della rivincita dei giusti, quasi biblica se mi è consentito. Joan Roma taglia il traguardo insieme a Stephane Peterhansel, lo spagnolo registrato due secondi prima del francese. Al Attiyah e Terranova aspettano sei, sette minuti prima di comparire, e con loro taglia anche Giniel De Villiers. Non è propriamente il quadro generale profilato dal manager.

All'orizzonte un duello finale stratosferico
I risultati parlano un’altra lingua. L’antica lingua dello sport. “Peter” è primo, Al-Attiyah è secondo. “Nani” è terzo a quasi sei minuti. Tre Mini. Non era questo il disegno di Quandt? No! Stephane Peterhansel, con la quarta vittoria in questa edizione, torna al comando del Rally, trenta secondi davanti al compagno di squadra. Non è più una sensazione, alla fine della penultima tappa si profila un duello finale stratosferico. Se lo giocano i due Piloti che hanno dato un senso al thriller di questa Dakar.
Giornata incredibile! Ora manca un solo giorno alla fine. Siamo all’epilogo. L’ultima tappa è, un po’ come la prima, una lunga passerella. Meno di 160 chilometri di Speciale tra due trasferimenti di 120 e 250 chilometri, su piste dure e sinuose, finalmente in mezzo alla vegetazione. Se all’inizio il rischio era più nei Piloti che nella pista, con l’inevitabile emozione che accompagna l’avvio di una corsa per troppo tempo attesa, il finale può riservare, al contrario, un eccessivo rilassamento e il pericolo di una distrazione fatale. Ma non questo finale!

Dal comunicato di Luca Viglio. “La tappa è stata ancor più facile delle precedenti. Fisicamente mi sentivo bene. Le dune di Copiapò, per chi abbia un minimo di esperienza, non sono quell'inferno che i Piloti descrivono. Con una preparazione media e un po’ di attenzione sono strada rassicurante che corre sotto le ruote. Ho fatto questa Dakar per purificarmi dalle tossine della vita metropolitana, ho svolto il tema senza pensieri, non un’ansia. Per questo avevo deciso di non pormi di fronte a una classifica. In Argentina, Bolivia, Cile, ho guidato come facevo in Arizona con la Harley. Dall’alba al tramonto, a volte oltre, per godermi lo spettacolo della natura, dissetare la mente alle sorgenti dell’Aconcagua, appoggiare l’orechio come gli indiani e sentir battere il cuore al ritmo del crepitio della crosta sull Salar, ossigenarmi sulle Ande e guardare lontano con la sensazione inebriante di essere in equilibrio tra due Paesi, fermarmi per provare a immaginare la sofferenza dei primi viaggiatori transahariani e lasciare scivolare il tempo oziosamente sdraiato sulle creste delle dune del Mar de Are, così, per piacere di farlo. Ho scelto la moto perché ho sempre ritenuto che Piersig pensasse a me quando ha descritto il privilegio del motociclista di essere nella scena, e non uno spettatore. Finalmente, risvegliato dall’irragionevolmente affannato contesto nel quale mi trovo, e ricordatomi che son anche un Pilota, oggi ho voluto immergermi per un giorno nella liquida sospensione del corridore dei deserti. Avevo già fatto il giorno precedente quelle piste contro luce, e ho deciso con il favore del sole di muovere anche la classifica, pretestuosa ragione del mio viaggio intercontinentale e dell’anima. Ho risvegliato dolcemente l’acceleratore, e la sera, per la prima volta, sono andato al tabellone a leggere il mio risultato. Non avevo dubbi, ma così, per saperlo. Giusto dietro, cinque posizioni, al Pilota ufficiale Honda, Joan Bang Bang. Adesso mi sbrigo nell’ultima e torno a casa, ricaricato, purificato!”

Bugia, grossa bugia, ce la siamo inventata. Tutti sappiamo che la Dakar a Luca Viglio l’anima gliel’ha quasi strappata, a lui, a oltre metà dei partenti che si sono arresi anzi tempo e almeno alla metà dei sopravvissuti, e che la sua classifica il ragioniere non è mai arrivato a vederla perché il tabellone era già in viaggio per la tappa successiva. Ma siccome in questi giorni se ne sono sentite e viste di tutti i colori, e siccome Viglio sta davvero per farcela, abbiamo fatto finta che fosse la sua comunicazione ufficiale, beneaugurale, risolutiva come quella che ha rilasciato Sven Quandt.

A proposito, alla fine non ci si capisce più niente. Si ha quasi la sensazione che in troppi vogliano farci fessi. Quandt non ha proferito parola, si nega ai media, Peterhansel ha detto che qualcosa forse, vai a sapere perché, non ha funzionato ma che, se l’ordine di scuderia dovesse essere aggiornato, bien sur che vi si atterrebbe. Con una coerenza ambientale straordinaria, anche Roma ha dichiarato che, ce l'aveva detto e tutti l'abbiamo potuto vedere, non c’era nessun ordine di scuderia, ognuno ha fatto la sua gara.
Eccome, lo si è visto benissimo nel risultato e nei piccoli colpi di scena, forature, sbagli di navigazione, sorpasso io, no vai avanti te, prego, ma ci mancherebbe, che lo spettacolo della dodicesima tappa, nei suoi frangenti e nei suoi squisiti frammenti fuori programma, ha saputo offrire ad un pubblico attento e competente.

Mattachioni! Mattacchioni, torna a emergere il malfidato Benigni. Ma come, il team manager dà un ordine, chiarissimo nella sostanza anche se troppo educato nella forma, e finisce che uno non riesce ad eseguirlo e l’altro neanche ha sentito, rivelando que no habìa ordenes? No, signori, qui bisogna smetterla di fare in gentiluomini, bisogna far la voce grossa e farsi sentire. E soprattutto ubbidire!
Ora, con soltanto trenta secondi in più o in meno da gestire, un’inezia sfuggente come una piuma inafferrabile perché trasportata d

a un vento bizzarro, la faccenda è ben più complicata. Dimmi te come faccio ad essere sicuro di stare dietro di venticinque, e peggio ancora, che devo fare se sono davanti di… boh, non so neanche quanti. Potrei fermarmi e far festa, ma no, devono essere tre sul podio, sennò addio progetto di parata Mini. La vedo dura, durissima.
Dormiamoci sopra e domattina prima del via, o più tardi all’arrivo, tutto ci sembrerà più chiaro e più facile, logicamente semplice!
Valparaiso, eccoci!

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Re: Dakar 2014....le tappe, report e filmati

Messaggioda Vincenzo » 18 gen 2014, 12:19

Tappa 13 La Serena - Valparaiso

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Classifica tappa

1... DESPRES (FRA)... YAMAHA 001:57:14
2 ... BARREDA BORT (ESP)... HONDA ...+ 00:02:30
3 ... PAIN (FRA)... YAMAHA ...+ 00:03:10
4 ... RODRIGUES (PRT)... HONDA ...+ 00:03:53
5 ... PEDRERO GARCIA (ESP)... SHERCO ...+ 00:04:05
6 ... VILADOMS (ESP)... KTM ...+ 00:06:01
7 ... METGE (FRA)... YAMAHA ...+ 00:06:38
8 ... GOUET (CHL)... HONDA ...+ 00:06:47
9 ... PRZYGONSKI (POL)... KTM ...+00:07:46
10 ... CASTEU (FRA)... KTM ...+ 00:09:50
13... CECI (ITA) ...SPEEDBRAIN ...+ 00:11:31
18... COMA (ESP)... KTM...+00:13:23
70... VIGLIO (ITA)... BETA ...+00:40:07


Classifica generale

1... COMA (ESP) ...KTM 053:37:22
2 ... VILADOMS (ESP)... KTM ...+ 01:57:09
3 ... PAIN (FRA)... YAMAHA ...+ 02:06:17
4 ... DESPRES (FRA)... YAMAHA ...+ 02:07:55
5 ... RODRIGUES (PRT)... HONDA ...+02:16:55
6 ... PRZYGONSKI (POL)... KTM ...+ 02:35:17
7 ... BARREDA BORT (ESP)... HONDA ...+ 03:01:09
8 ... GOUET (CHL) ...HONDA ...+ 03:14:30
9 ... SVITKO (SVK)... KTM ...+ 03:51:29
10 ... CASTEU (FRA)... KTM ...+ 04:00:11
18... CECI (ITA) ...SPEEDBRAIN ...+ 08:24:41
73...VIGLIO (ITA)... BETA...+ 49:24:39

Dakar 2014, 13a Tappa. Vincono Marc Coma (KTM) e Joan Roma (Mini All4 Racing) .

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Valparaiso, 18 Gennaio. La tredicesima e ultima tappa consegna gli scettri ai vincitori della Dakar 2014. Meno di 160 chilometri di Speciale su piste sinuose e guidate hanno sigillato il risultato di un’edizione caratterizzata, immancabilmente, da grandi gesti sportivi e da straordinari colpi di scena. Mai come quest’anno, da quando si corre in Sud America, il podio finale è stato così agognato e Valparaiso, che per i più è rimasta sconsolatamente un miraggio, è allo stesso tempo mèta e liberazione. Argentina, Boliva e Cile sono stati il teatro impietoso di un’edizione durissima, a tratti al limite dell’impossibile. Anche e proprio per questo la Dakar di quest’anno è l’avvincente album di ricordi indelebili, che raccoglie le immagini dell’incredibile “viaggio” di tutti quelli che hanno partecipato alla sesta edizione sudamericana della maratona-avventura per definizione.
Il podio di Valparaiso è spagnolo. Vincono due Piloti catalani, Marc Coma tra le moto e Joan “Nani” Roma tra le auto. I due Piloti sono nati in due paesi vicini della provincia di Barcellona, e non a caso sono cresciuti nello stesso ambiente agonistico animato dalla straordinaria passione e competenza di un nostro grande amico. Quando nel 2004 Roma vinceva la prima Dakar in moto, la sua Squadra aveva già designato Marc Coma a succedergli a capo di un progetto rivelatosi ancora una volta vincente.


Moto. MARC COMA, KTM 450 FACTORY RALLY
Marc Coma ha vinto la Dakar 2014, portando a quattro il numero dei successi personali che si aggiungono alle vittorie del 2006, 2009 e 2011. Lo spagnolo aveva dovuto rinunciare all’edizione del 2013, a poche settimane dal via e a causa di un infortunio patito a ottobre, in Marocco. Si può immaginare il senso di frustrazione, il logorio del raddoppio dell’attesa, e le incognite incontrate lungo il cammino verso questa vittoria che, per il catalano, ha un significato senza dubbio straordinario, equiparabile all’impresa che nel 2006 ha aperto la serie di successi dello straordinario fuoriclasse catalano. Forse proprio per questo, Marc è partito dedicando i primi giorni di gara al riepilogo delle sue eccezionali doti e alla verifica dell’impatto tattico dell’enorme bagaglio di esperienza delle sue dieci Dakar precedenti. Coma è poi passato in testa dal quinto giorno, una delle tappe chiave di questa edizione della Dakar, aggiudicandosi la prima delle tre Speciali portate a corredo del suo capolavoro. Nelle restanti otto giornate di gara Coma ha quindi portato al massimo dell’efficienza e del rendimento una classe collaudata e incredibilmente efficace, declinandola con un vantaggio che ha raggiunto la stupefacente consistenza, totalmente insolita per una Dakar “moderna”, di ben due ore e mezza. Il “segreto” che sintetizza il ventaglio di qualità del trentasettenne Pilota di Avià, Barcellona, è in una grande tecnica di guida, nell’indubbia intelligenza tattica e nella formidabile “tenuta” psicologica. Coma ancora una volta non ha commesso un solo errore di rilievo, e ha lasciato agli altri il compito di avventurarsi nei rischi che la Dakar immancabilmente nasconde tra le pieghe della sua avventura. Per KTM si tratta del tredicesimo successo consecutivo della formidabile serie record inaugurata nel 2001, anno in cui Fabrizio Meoni ottenne la prima vittoria, personale e della Casa austriaca.
Il secondo posto dell’edizione 2014 è appannaggio di Jordi Viladoms (KTM) e il terzo di Olivier Pain (Yamaha). Paolo Ceci è 19° assoluto e, finalmente possiamo dirlo tirando un bel sospiro di sollievo, al traguardo c'è anche Luca Viglio. La tappa finale premia Cyril Despres, che vince davanti allo sfortunato Joan Barreda e a Pain, ma che non riesce a scalzare quest’ultimo dal podio finale di Valparaiso.


Auto. JOAN “NANI” ROMA, MICHEL PERIN, MINI All4 Racing
Joan Roma e Michel Perin, già secondi nel 2012 con tre vittorie di tappa, vincono la Dakar 2014 delle Auto. L’attesissimo duello finale tra Joan Roma e Stephane Peterhansel non c’è stato, e la corsa delle auto va allo spagnolo, terzo nella tappa finale di Valparaiso vnta dal sudafricano Giniel De Villiers. Joan Roma, meglio conosciuto come Nani, è il Pilota che nel 2004, vincendo con una KTM la gara delle moto, ha regalato agli spagnoli la prima vittoria della Dakar. Nove edizioni della Dakar con la moto, culminate con la vittoria del 2004, e adesso nove edizioni tra le auto, in una parabola consegnata allo sport spagnolo e mondiale analogamente con un successo. Per il 42enne, fenomenale Pilota di Folgueroles, Barcellona, la vittoria della 34ma Dakar fissa anche un altro record, quello del primo spagnolo che vince in entrambe le categorie. La storia della vittoria di Nani Roma in questa Dakar è avvincente. Persa la leaderhip conquistata alla fine della terza tappa e accusato di non essere ancora “maturo” per un successo, Roma ha spazzato via le critiche ed è tornato in testa alla fine della “famigerata” quinta tappa, dando mostra, al contrario, di superlative qualità tattiche e di guida. Il catalano ha poi controllato il ritorno del principale avversario della sua corsa, Monsieur Dakar Stephane Peterhansel, fino alle penultima tappa, quando il francese è tornato al comando con appena trenta secondi di vantaggio. La tappa finale della Dakar 2014 ha risolto a favore di Roma l’intero Rally, e consacrato il più grande Pilota spagnolo di tutti i tempi.
Le polemiche generate dall’infelice scelta della Squadra di congelare il risultato della terzultima tappa di questa Dakar non toglie nulla al valore del vincitore della 34ma edizione della gara delle auto. Anzi. Roma è riuscito ad attraversare la realtà minata dalle controversie, uscendone indenne e continuando a perseverare nella traiettoria vincente che ha caratterizzato tutta la stagione del Campione catalano.
Per le Mini All4 del Team X-Raid di Sven Quandt, è la terza vittoria consecutiva, le altre due ottenute dall’equipaggio Stephane Peterhansel-Jean Paul Cottret.


Quad. IGNACIO CASALE, YAMAHA RAPTOR
Per Ignacio Casale, ventisettenne di Santiago del Cile, alla quinta partecipazione e vice-campione nel 2013, è la prima vittoria. Una vittoria che rappresenta anche e soprattutto il primo successo di un Pilota cileno alla Dakar. Dopo aver tentato per anni, prima con Carlo Degavardo e quindi con Francisco Lopez, di vincere tra le moto, è finalmente un Pilota di Quad che scatena l’entusiasmo del Paese che è considerato oggi come il cuore della Dakar sudamericana. Dopo il ritiro del Campione in carica, l’argentino Marcos Patronelli, e dopo aver vinto la prima tappa tra Rosario e San Luis, “Perro” Casale è tornato in testa per un giorno alla fine della quarta tappa e, questa volta definitivamente, alla fine della settima, per dar vita ad un acceso duello con l’uruguaiano Sergio Lafuente, poi ritirato il decimo giorno, e collezionare ben sette successi personali. Il podio dei Quad è completato dal polacco Rafal Sonik e dall’olandese Sebastisn Husseini. Al 13° posto l’italiana Camelia Liparoti, formidabile protagonista della gara dei Quad e dell’intera Dakar declinata al femminile.

Lasciamo la Dakar al suo ultimo trasferimento stradale alla volta del centro di Valparaiso. È una formalità, naturalmente, forse l’unica di una Dakar che non ammette niente che sia definitivo se non è compreso tra i due podi di partenza e arrivo, in questo caso Rosario, Argentina, e Valparaiso, Cile.


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Re: Dakar 2014....le tappe, report e filmati

Messaggioda Vincenzo » 19 gen 2014, 18:37

Dakar 2014. Marc Coma: "Una vittoria molto importante!"

Una vittoria perfetta, bellissima. Una di quelle che racchiudono un colossale carico di impegno, di attesa, di tensioni che si sommano, di risposte a domande poste molto tempo prima e quesiti che emergono giorno dopo giorno. Un capolavoro di bravura. Marc Coma è un Campione straordinario, una persona che riesce a esprimere un insieme di caratteristiche che sono squisitamente sportive e umane allo stesso tempo, e che confluiscono in un risultato globale che va immancabilmente al di là del puro gesto agonistico. Nella sua gara, in tutte le sue gare, c’è lo spessore di un confronto che le sue doti portano su un livello ancora superiore. Dalle situazioni più difficili e intense Marc riesce a distillare il senso migliore dell’esperienza sportiva, e proprio per questo le sue vittorie riescono a dare agli eventi che vince una superiore qualità.

«È andato tutto bene. Tu lo sai, è stata una gara durissima ma sì, ce l’abbiamo fatta, questa è la cosa più importante. Da quando siamo in Sud America con la Dakar, questa è stata l’edizione più difficile. Questo è sicuro».

Come l’hai vissuta, soprattutto all’inizio, dopo due anni?
«Non ho fatto in tempo a pensarci. Sapevamo già che la prima parte di questa Dakar sarebbe stata dura. In più, è così, i giovani che partono a manetta, tutti motivati, Marche diverse, e la gara un po’ particolare, soprattutto i primi giorni. Con tanta montagna, molta guida, molto pilotaggio, non era proprio quella gara nel deserto dove siamo abituati a correre e dove ti senti comodo, a tuo agio. Allora, la prima settimana abbiamo cercato di correre con la massima tranquillità, sapendo che ci aspettava una gara lunghissima, e che bisognava assolutamente evitare di partire a fuoco, ma cercare di stare un po’ più calmi».
E finalmente nel deserto, come ti sei sentito?
«Dopo meglio. Ogni giorno meglio fino a che non è arrivato il giorno che mi sono ammalato. In Bolivia. Mi è venuta la febbre, e ho perso la voce. Sono stato tre giorni in quelle condizioni. Già la Dakar è difficile, ma in quelle condizioni lo è ancora di più. Quando sei davanti ti senti addosso una pressione particolare, ti viene la paura di commettere degli errori. Senti come se la testa non ti lavorasse troppo bene, e cerchi di stare il più concentrato possibile per non sbagliare. Sono stato così per tre giorni, cercando la massima concentrazione, quasi come un monaco, in una specie di clausura. Tre giorni che quando finiva la tappa me ne stavo chiuso nel camper, cercando di prendere per me tutto il tempo che potevo per recuperare. Così, perché mi sono detto, sennò qui non arriviamo alla fine».

Anche questa Dakar ha dimostrato che partire a testa bassa, all’attacco, non serve a niente. Bisogna sempre pensare un po’ più avanti, ai tredici giorni che ti aspettano…
«Sì, ma sai, alla fine ognuno fa la gara che pensa che sia migliore per lui, ognuno fa la sua gara. Per noi questo discorso era chiarissimo. Era chiaro che era così, che bisognava guardare sempre avanti, guardare con la testa».

Dopo due anni, è una vittoria che ha un sapore particolare?
«Sì, sicuro, perché se guardo a un anno fa, mi vedo a casa con un braccio che praticamente non… andava, che non potevo guidare una moto. Tornare qua, allo stesso livello di prima, e vincere, sì, fa diventare la vittoria… tanto… tanto speciale».

E la moto ha dimostrato, anche quella, le sue qualità…
«La moto. Il discorso che abbiamo fatto noi, con tutto il Team, era chiaro anche quello. Sappiamo che l’affidabilità è il punto chiave. Magari non abbiamo lavorato molto con le prestazioni, con la tecnologia, non tanto su quelle cose misteriose. Alla fine, non sto qui a dire se servono o no, ma quello che serve alla Dakar è una moto che non si rompe e che va».

Sei contento di essere tornato a correre con Jordi Viladoms?
«Sì, con Jordi abbiamo fatto proprio un bel lavoro. Quando abbiamo perso Kurt è stato un colpo durissimo, perché Kurt era uno speciale, non solo un Pilota, era uno della famiglia, uno che aveva grande carisma, che ti faceva sentire dentro. Ma si deve cercare sempre qualcosa di positivo. Ed è Jordi, che arriva e torniamo a lavorare insieme. Mi ha aiutato più di quanto si sia visto o di quanto la gente può pensare. Quando ero malato, era la tappa marathon, è lui che ha fatto la meccanica alla mia moto, ed una persona che ti porta un po’ di calma, che sa aggiungere sempre qualcosa di buono».

Quale è stata la tappa più difficile?
«Alla fine, la quinta. Quella di Chilecito, dove però ho potuto fare la differenza e andare in testa. Penso che la più difficile sia stata in ogni caso quella».

Vogliamo dire qualcosa di Barreda?
«Penso che il ritmo che può tenere lui, qui non ce l’ha nessuno. Quando andava a manetta faceva paura. Ti prende nove, dieci minuti. Per me è stato il rivale fino a un giorno dalla fine. Fino a Copiapò lui era il Pilota che era lì».

Quando avete deciso di cambiare il motore, non eri un po’ in ansia?
«No. Io pensavo che saremmo arrivati fino alla fine con lo stesso motore. Ma quando sono andato in testa di cinquanta minuti, il Team ha deciso che si poteva cambiare, che avevamo un buon margine di sicurezza, e lo abbiamo fatto. Abbiamo gestito anche quest’aspetto della gara, credo, molto bene».

È giusta una Dakar così dura, o è troppo?
«Io credo che sia stata la più dura del Sud America. Penso che la Dakar debba essere dura, ma anche che trovare il limite a priori non sia una cosa facile. Per gli organizzatori è un compito molto difficile. Per le moto è stata davvero difficile. Per le macchine molte tappe erano diverse, e questo ha significato che in quei giorni per noi è stato davvero un inferno. Va bene andare sul tecnico, è un bene per la sicurezza, ma per contro, fisicamente è un impegno enorme».

E la Bolivia?
«La Bolivia è stata molto bella. Il problema della Bolivia è che stai sempre sopra ai tremila metri, e non c’è l’aria. Erano i giorni che ero malato, e ho fatto fatica».

L’entusiasmo in Bolivia, e negli altri Paesi?
«Sono tutti molto appassionati. Quest’anno abbiamo scoperto l’entusiasmo boliviano, e ogni anno che visitiamo un nuovo Paese, l’aspettativa è molto alta».

Insomma?
«Penso che sia stata una vittoria davvero molto speciale. Contro la Honda, contro Cyril con la Yamaha, con l’incidente di Kurt prima. Per me non è solo il quarto successo, è una vittoria a parte, molto importante».

Già, Cyril, alla fine correvate quasi insieme.
«Abbiamo un ritmo simile, e quando sono arrivate le tappe di deserto partiva lui dietro a me, o io dietro a lui, così alla fine è facile che si viaggi insieme. effettivamente siamo andati avanti insieme!».


Sei contento della vittoria di Nani?
«Sì, veramente sì. Mi dispiace un po’ che con tutto quel trambusto degli ordini di scuderia qualcuno ha voluto togliergli del merito. Questo non mi è piaciuto tanto. Nani ha fatto una bellissima gara, e non ha commesso errori».

A adesso? Già programmi?
«No, no riposo, non abbiamo fatto programmi e intendo stare un po’ rilassato. Spero di fare ancora una stagione “normale”, lavorare con la moto, il Campionato del Mondo, andare a correre in Sardegna…».

Fonte moto.it
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